Ricerca, la Little Italy dei nostri cervelli

La chiamano Little Italy, eppure per raggiungerla ci vogliono ore. E’ la nuova patria dei cervelli italiani, ricercatori e scienziati che hanno trovato in quel luogo un impiego stabile e un futuro.

Fabio Macciardi, ricercatore: “In Italia il problema fondamentale è la burocrazia del sistema

La chiamano Little Italy, eppure per raggiungerla ci vogliono ore. E’ la nuova patria dei cervelli italiani, ricercatori e scienziati che hanno trovato in quel luogo un impiego stabile e un futuro. Così nell’Università della California, in particolare nei dipartimenti di medicina e psichiatria dell’ateneo, capita spesso di sentir parlare quasi esclusivamente italiano. Qui molti ricercatori hanno deciso di vivere.

“La maggior parte dei posti apicali nei ruoli di ricerca – racconta il genetista Fabio Macciardi – è coperta proprio da italiani”. Quella di Macciardi è la storia un cervello emigrato negli Usa – come purtroppo decine di altri – ma con una particolarità: “Il mio obiettivo – afferma – è fare da ponte tra Italia e Usa per trasferire i risultati ottenuti in California nella pratica italiana”. Ma fare da ponte resta, pur sempre, una scelta di ripiego: “Volevo fare Ricerca e per farla sono dovuto andare in Usa. In Italia – spiega il genetista – il problema fondamentale è infatti la burocrazia del sistema, che uccide la ricerca, anche quando magari i fondi ci sono. All’università di Milano, ad esempio, i fondi europei non mancavano, ma poi i tempi lunghi della burocrazia impediscono di fatto il decollo dei progetti di ricerca. E in attesa di un’autorizzazione e l’altra, i nostri concorrenti ci battono sul tempo”.

Così la scelta è pressoché obbligata: dal 1997 al 2006 è in Canada sempre per fare ricerca nel campo delle malattie del cervello; dal 2006 al 2009 Macciardi rientra in Italia, come professore associato di genetica medica all’Università di Milano, ma quando sempre nel 2009 la University of California gli offre l’opportunità di un laboratorio, fondi garantiti ed un gruppo di lavoro ad hoc per la Ricerca sulle malattie psichiatriche, non ci sono dubbi che tengano. In Italia, racconta, “l’Università è prevalentemente didattica; la ricerca è importante ma resta accessoria. Infatti, in Italia vengo valutato per la mia didattica, mentre in Usa mi chiedono di fare poca didattica ma tanta, tanta ricerca». Ma il professore – poco più che cinquantenne – non vuole tagliare i legami: “Sto cercando ora di fare da tramite tra Italia ed Usa, per trasferire le nuove competenze”.

Resta però l’amaro in bocca per quella che definisce una “situazione paradossale tutta italiana»: “Anche quando i soldi ci sono, e non sempre è così, fare Ricerca è lo stesso difficilissimo. Ci vuole più dinamismo e meno burocrazia, perché – denuncia – è la farraginosità delle istituzioni che alla fine rende complicatissimo operare in questo Paese”. E così, dalla ‘Little Italy dei cervelli alla University of California, Macciardi lancia un appello: “Liberare la Ricerca italiana dalle paludi della burocrazia, per salvare le menti dei giovani che oggi, in moltissimi casi, hanno ormai perso la curiosità che porta allo studio e alle sfide di laboratorio”. Giovani sempre più impantanati, anche loro, nei mille legacci del Sistema-Ricerca “made in Italy”.

Fonte: Ansa

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