Il Giappone mette un freno ai nomi troppo “fantasiosi”
Da oggi, chiamare un neonato “Pikachu” o “Kitty” non è più possibile in Giappone. Una nuova legge vieta ufficialmente i cosiddetti “Kira Kira names”, ovvero quei nomi esageratamente originali, spesso ispirati a personaggi di anime, brand famosi o luoghi lontani, che negli ultimi anni avevano preso piede tra i genitori più creativi.
Cos’è un Kira Kira name e perché crea problemi
La moda dei Kira Kira (che significa “luccicante”) names è nata nei primi anni Duemila: molti genitori volevano distinguersi, scegliendo nomi rari, insoliti e persino provocatori per i propri figli. Alcuni esempi? “Torino” (come la città italiana), “Pikachu”, “Anpanman” (un eroe dei cartoni), oppure parole dal suono inglese come “Prince” o “Angel”. Il problema? Questi nomi sono spesso difficili da leggere, scrivere o interpretare, sia per gli altri che per chi li porta. Molti giapponesi, infatti, usano gli ideogrammi (kanji), e alcuni nomi creativi vengono scritti con caratteri che non corrispondono alla pronuncia comune, rendendo complicata anche la vita burocratica.
Cosa prevede la nuova legge
Il governo ha deciso di intervenire per tutelare la leggibilità dei nomi e proteggere i bambini da possibili imbarazzi o discriminazioni future. Da ora in poi, i registri comunali potranno rifiutare l’iscrizione di nomi giudicati illeggibili o ritenuti inappropriati.
Se da una parte molti sostengono che sia giusto porre dei limiti per il bene dei bambini, dall’altra c’è chi teme che questa norma vada a limitare la libertà d’espressione dei genitori. La questione è culturale, profonda, e riporta il Giappone al centro del dibattito tra tradizione e modernità.