Medicina si apre sempre di più dopo l’approvazione della fine dei test a numero chiuso voluta dalla ministra dell’Univeristà. “Abbiamo abbracciato la teoria del numero aperto in maniera sostenibile, progressiva e programmata per evitare di ‘scassare’ il sistema universitario con una apertura improvvisa e non progettata”. Lo ha detto Anna Maria Bernini nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri.
“Per evitare che ci siano delle disomogeneità di valutazione nell’esame finale del semestre filtro ci saranno delle valutazioni che corrisponderanno a uno schema di livello nazionale e programmazione nazionale. C’erano due possibilità – ha spiegato la ministra – far decidere a ciascun ateneo come organizzare gli esami o nazionalizzare per uniformità. Abbiamo preferito quest’ultimo criterio”.
Cosa cambia per medicina
Il modello simil-francese per l’accesso libero a medicina – che introduce in Italia un semestre “filtro” aperto a tutti gli aspiranti camici bianchi al posto del vecchio test d’ingresso e lo sbarramento posticipato all’inizio del secondo sulla base del voto d’esame e di una graduatoria nazionale – corre veloce verso il traguardo così da essere applicato già al prossimo anno accademico 2025/26. Dal Consiglio dei ministri è arrivato il primo decreto legislativo di attuazione della legge delega 26/2025, che è stata approvata dalla Camera l’11 marzo e che, formalmente, sarà in vigore dal 2 aprile.
Stesso discorso per i crediti formativi che dovranno essere conseguiti nei primi sei mesi per sperare di andare avanti e che dovranno essere almeno 18. Presumibilmente saranno sei Cfu per ciascuna delle tre materie “fondamentali” e comuni ai corsi dell’intera area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria che dovranno essere scelte – anche qui – con un decreto ministeriale. Per ora il Dlgs si limita a prescrivere che appartengano alle scienze biologiche, chimiche e fisiche.
Cos’è il semestre “filtro”
Per il resto l’impianto è più o meno quello atteso. Il semestre “filtro” potrà essere ripetuto al massimo tre volte e la rinuncia andrà esplicitata prima che si formi la graduatoria nazionale. Chi supererà lo sbarramento potrà iscriversi al secondo, chi non ce la farà potrà ripiegare su una delle altre lauree alle quali deve immatricolarsi da subito, anche se in soprannumero o in una sede diversa. A quel punto, se avrà ottenuto tutti i crediti potrà mantenerli, se invece ne avrà conseguito solo una parte sarà l’ateneo di destinazione, nell’ambito della propria autonomia, a decidere quanti riconoscerne. E lo stesso avverrà per coloro che sono già iscritti nel 2024/25 a un corso “affine” e che nel 2025/26 vogliono provare il salto a medicina. Gli esami dovranno superarli di nuovo, ma se hanno dei Cfu da portarsi potranno poi usarli.
In questa sede un accenno lo merita la conferma che il nuovo sistema varrà all’inizio solo per i posti in lingua italiana e per gli slot a disposizione degli atenei statali. I non statali, che spesso hanno già svolto in tutto o in parte i test d’ingresso per il 25/26, dovranno adeguarsi in un secondo momento. E il Dlgs lo dice chiaramente. Così come lascia alle università il compito di decidere in quale modalità erogare, se in presenza o da remoto, le lezioni del semestre “filtro” in base alla mole di iscritti che si troveranno a gestire. Ragion per cui non ci sarà l’obbligo di frequenza.
Ora la palla passa in mano alla Conferenza Stato-Regioni e delle commissioni parlamentari competenti, che avranno trenta giorni per esprimere il loro parere. A quel punto il Dlgs potrà tornare a Palazzo Chigi per il via libera definitivo e partiranno i 60 giorni per i decreti ministeriali citati.
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