Università, ricerca, diritto allo studio, investimenti Pnrr, incentivi per le Stem e l’Erasmus italiano. Sono alcuni degli argomenti che il direttore di Corriereuniv.it, Mariano Berriola, e il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, hanno discusso in un’intervista esclusiva per il nostro quotidiano.
Ministro Bernini, a breve migliaia di studenti affronteranno il fatidico esame di maturità e si troveranno poi a decidere del loro futuro. Perché, secondo lei, dovrebbero scegliere di iscriversi all’università?
Proseguire gli studi deve essere una scelta di vocazione, non di necessità. Un percorso che inizia sin da piccoli e che matura nel tempo. A noi spetta il compito di capire e stimolare le attitudini degli studenti, farne emergere i talenti. L’università rappresenta il coronamento di un lavoro che i ragazzi fanno su loro stessi e che noi come istituzioni abbiamo il dovere di accompagnare. È solo con queste premesse che la formazione superiore diventa quell’ascensore sociale che ha come obiettivo l’ultimo piano, anche e soprattutto per i più deboli.
Negli ultimi anni c’è stata una riduzione di iscritti negli atenei, probabilmente anche per le difficoltà economiche delle famiglie italiane, pensiamo ad esempio al costo di una stanza per chi studia da fuorisede. Quali sono le misure in campo e quelle a cui state lavorando per incentivare gli studi?
Lo studio è un diritto e come tutti i diritti merita attuazione e tutele universali. La nostra priorità è che gli studenti e le studentesse vengano messi nelle condizioni per poter affrontare al meglio il percorso universitario, e lo abbiamo messo nero su bianco in legge di Bilancio stanziando subito un miliardo di euro per nuove residenze universitarie e per dare continuità alle borse di studio. E poi c’è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una leva importantissima per garantire ai nostri studenti le opportunità che meritano. Stiamo lavorando per creare 60mila nuovi posti letto entro il 2026: con una manifestazione di interesse individueremo gli immobili liberi da convertire in studentati e un gruppo di esperti è già al lavoro per individuare il costo medio calmierato per ogni posto letto. Anticipo che stiamo lavorando anche all’Erasmus italiano, che può agevolare nuove esperienze formative ma rimanendo in Italia. Poter frequentare alcuni corsi in altri Atenei arricchirà le loro competenze e sarà un modo per rendere l’Università stessa più dinamica e attrattiva.
Sull’accesso alla facoltà di medicina è sempre aperto il dibattito fra aperturisti e quelli che ritengono debba rimanere a numero chiuso. Qual è la sua idea in merito?
Dobbiamo applicare il principio di realtà. Occorrono più medici, ma non possiamo aprire in maniera indiscriminata con il rischio di abbassare la qualità dell’offerta formativa degli Atenei. Per questo prevediamo un’apertura al corso di laurea di medicina programmata e sostenibile. Il gruppo di lavoro istituito al MUR, in cui abbiamo coinvolto anche Regioni, Ministero della Salute e Università, ha stimato che occorrono 30mila nuovi medici da inserire nei corsi di laurea nei prossimi sette anni. Per il prossimo anno accademico iniziamo con un incremento importante: da 3.553 a 4.264 posti in più. Arrivando così a più di 18mila matricole. E il Ministero si sta adoperando per reperire i fondi chiesti dalle Università per rendere sostenibile l’aumento. A questo scopo metteremo a disposizione 23 milioni di euro.
In Italia in pochi scelgono le materie scientifiche, le cosiddette Stem, si è spiegata la ragione? Cosa potremmo fare per incentivare nel Paese questi studi?
L’interesse verso queste materie “dure” sta aumentando e, per fortuna, si sta estendendo anche all’universo femminile. Credo che la chiave di volta sia nell’orientamento. L’importante è far capire agli studenti che non devono auto tassarsi, che la matematica o la fisica sono alla portata di tutti e tutti possono studiarle. Le risorse del Pnrr ci danno una mano anche in questo. Il MUR, infatti, sta mettendo in campo iniziative per 250 milioni di euro con l’obiettivo di orientare al meglio oltre un milione di studenti.
Lei è laureata in Giurisprudenza ed è docente di diritto pubblico comparato all’Università di Bologna, cosa ha acceso la sua motivazione verso questa scelta, verso questo percorso?
Non posso negare che il contesto familiare in cui sono cresciuta abbia inciso sulle mie decisioni. Ho viaggiato tanto con mio padre e questo mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze e soprattutto di confrontarmi con molte persone. Ho ricevuto stimoli continui, compreso il “doverismo” che è una delle eredità più ingombranti che mi sono state lasciate.
In Italia abbiamo oltre 3 milioni di Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e non si formano. Cosa suggerirebbe ai giovani fermi ai blocchi di partenza?
Non banalizzo le difficoltà e i tormenti di tanti ragazzi che si ritrovano completamente privi di stimoli. Anche per questo avverto il dovere di accompagnarli il più possibile nelle scelte, affinché possano valorizzare passioni e attitudini. Nessuno di noi sottovaluta il problema e anche il governo ha già messo in campo iniziative per sostenerli. Nel decreto Lavoro che abbiamo approvato in Consiglio dei ministri a inizio maggio è stata inserita anche una norma per aiutare i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. I datori di lavoro che decideranno di assumerli riceveranno un incentivo fino al 60 per cento della retribuzione mensile, e sarà valido 12 mesi. E’ un primo importante passo, non sarà l’ultimo.
Mariano Berriola
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