Oltre la crisi, una Locanda gestita da ragazzi down

Ci sono storie che vale la pena di raccontare. La “Locanda dei Girasoli”, a Roma, non è un locale come tutti gli altri. È l’orgoglio di un quartiere. È l’esempio di imprenditoria sociale come pochi nel nostro Paese. È una dimostrazione di coraggio e sensibilità.

Appena entrati ci si immerge in un arcobaleno di colori, accolti dalla simpatia del capocuoco e dei camerieri. Ma ciò che rende speciale questo posto sono le persone che ci lavorano. Da 12 anni, infatti, il locale è gestito da cooperative sociali che permettono a 4 ragazzi affetti da sindrome di Down di lavorare autonomamente. I ragazzi sono simpatici e cortesi, ed aggiungono quel pizzico di ironia che rende unico il posto.

Come tutti gli altri locali, però, anche “La locanda dei Girasoli” ha subito la crisi. Lo scorso novembre è partito un appello da parte dei responsabili, affinché questo progetto così interessante non si interrompa. Siamo voluti andare a trovare i ragazzi, e abbiamo deciso di parlare con il responsabile, Antonio Anzidei.

Antonio, da quanto tempo va avanti questo progetto, e com’è nata l’idea?

Beh, oramai sono 12 anni che portiamo avanti questa impresa. L’idea è nata dai genitori di un ragazzo affetto dalla sindrome di Down, per creare un lavoro al proprio figlio. È stato così che hanno acquisito questo locale, chiuso da qualche anno, e lo hanno ristabilito anche con l’aiuto di altre famiglie.

Qual è stato il peso delle associazioni in questo lavoro?

Le associazioni ci sono sempre state vicino. A partire da “Cecilia”, fino ad “Agricoltura Capodarco”. Dal 2005 si è aggiunta l’associazione “Al parco”, che detiene la quasi totalità del capitale.

Ma passiamo ai ragazzi: come va il loro lavoro e qual è il loro rapporto con i clienti?

Devo dire che ci comportiamo in maniera normalissima nei loro confronti. Sono trattati come tutti, nel bene e nel male. Quando c’è da strigliare, anche loro si beccano il rimprovero. I clienti, al contrario, sono divertiti. Solo molto sporadicamente è successo che qualcuno, vedendo i ragazzi, abbia deciso di tornare a casa. Ma, ripeto, è successo appena due-tre volte.

E la crisi? Da quanto tempo va avanti questa situazione difficile per il locale?

Già nel 2005 abbiamo vissuto una situazione simile. Allora ci salvammo grazie alla donazione di un imprenditore e all’intervento di altre Onlus. Oggi, siamo ricaduti ancora nella stessa condizione, e ormai, andiamo avanti così da due anni e mezzo. Il punto è che qui nessuno ragiona come le altre imprese; noi non licenziamo, noi non cerchiamo profitto, noi non siamo guidati da una logica d’impresa. Vorrei sottolineare che qui nessuno ci guadagna. Vorremmo solo andare avanti, per continuare a dare ai ragazzi questa possibilità. Lo scorso novembre abbiamo lanciato un appello alle istituzioni e al mondo dell’informazione. Devo dire che la risposta c’è stata. Per il momento siamo pieni fin dopo le feste. Ma, tutti noi, abbiamo paura che l’attenzione finisca una volta spenti i riflettori.

Ci può raccontare il momento più bello che ha vissuto da quando vive quest’esperienza?

Ricordo una sera, quando alla “Locanda” arrivava Fassino, in occasione di un evento. Avevo già parlato a lungo con i ragazzi; li avevo avvisati per bene. All’improvviso, uno di loro uscì dalla cucina con un vassoio di supplì fumante. Lo posò per primo proprio sotto gli occhi di Fassino – come gli avevo suggerito – ma, non contento, esclamò: “Aò, nun te’ magna’ solo tu chè so pe’ tutti!”.

Per maggiori informazioni visitate il sito https://www.lalocandadeigirasoli.it/

 

Raffaele Nappi

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