Davide Mancini, l’urlo libero della «Preghiera Punk» tra musica, memoria e ribellione

Un inno alla libertà, una dedica carica di memoria che vibra al ritmo punk. Così si presenta “Preghiera Punk”, il nuovo singolo di Davide Mancini, cantautore valdostano con una lunga carriera alle spalle tra rock, poesia e viaggi internazionali. Il brano – disponibile su tutte le piattaforme digitali – è un tributo a Paolo Salandini, storico amico dell’artista ed ex membro della band di Ligabue, venuto a mancare di recente. Prodotto da Massimo Spinosa (già al fianco di De André, Vecchioni, Pagani), Preghiera Punk unisce spiritualità e ribellione: una canzone che parla di chi sceglie di restare libero, fuori dalle logiche del potere.

«È un grido per chi ha scelto di dire no, anche quando è difficile»

Dopo gli esordi con i Celtica, una lunga serie di live tra Europa, Stati Uniti e Asia, collaborazioni importanti e due album molto apprezzati (Madame Gerbelle e Poesia e Democrazia), Mancini torna con una nuova energia, segnando una svolta ancora più personale e intensa. Lo abbiamo intervistato per scoprire cosa c’è dietro Preghiera Punk e conoscere le nuove strade della sua musica.

Preghiera Punk è un titolo che a prima vista sembrerebbe piuttosto ossimorico. In che modo una preghiera può essere punk? 

Domanda intelligente, grazie davvero. La preghiera in realtà, a mio avviso, possiede sempre qualcosa di rivoluzionario, indipendentemente dal credo che la muove, e questo mi affascina da sempre. Il problema si verifica quando la spiritualità è subalterna, inautentica, imitazione forzata e avvilente di qualcosa in cui non si crede davvero. Il punk lo intendo invece come la capacità di dire dei no. “Mugghia il no dell’uomo libero”diceva il poeta Athanasulis, ecco, mi ritrovo in questo verso.

Quanto ti senti influenzato dalla cultura punk? 

Mi piace a livello concettuale, ma non mi piace la rivolta scomposta e pretestuosa; approvo l’approccio di chi diffida nei confronti del potere, non chi di grida al nulla. Anche perché, purtroppo, nella mia vita, a parte rare eccezioni, ho visto che ogni ribellione si conclude con una cena con i potenti

Hai detto che questo singolo «È un inno dedicato a chi si è occupato di libertà e non di potere». Cosa intendi? 

Si, sono affascinato da coloro che non dedicano l’esistenza solo a tentazioni verticistiche, ma che operano sempre con umiltà ed ironia. Mi piacciono le anime fini e delicate, per loro è più difficile, in ogni campo.

Quando è nato il tuo amore per la musica e come vedi il panorama musicale di oggi? 

Amo la musica e suono da sempre. Mi affascina e sono cresciuto con il rock. Con il tempo ho avvicinato e amato di tutto, dal pop al jazz, al soul, al blues. Tuttavia, rimango fieramente cantautoriale nelle mie proposte. Sono cresciuto con De André, De Gregori, Guccini, Paolo Conte. Adoro la forma canzone di matrice cantautoriale, e, in questo genere, a mio avviso, il bel paese è pieno di artisti notevolissimi. Il mio mito è stato Giorgio Gaber, tutte le volte che scrivo penso a lui. Un titano del pensiero. Relativamente al panorama musicale di oggi, ascolto sempre molta musica indipendente e mi incuriosiscono tantissimo i giovani che hanno qualcosa da dire e che sanno andare oltre l’omologazione.

Ci dai qualche anticipazione sulle evoluzioni del tuo progetto dopo Preghiera Punk? 

Si, dopo “Madame Gerbelle “del 2008 e “Poesia e Democrazia” del 2015, vorrei concludere una ideale trilogia con un altro lavoro discografico. Le canzoni sono in fase di elaborazione. Adoro lavorare con tempo a disposizione e farmi assalire da tutti i dubbi che hanno coloro che pubblicano qualcosa. Nelle canzoni cerco di portare idee e suggestioni, mai ricette salvifiche.

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