AI, l’Università di Torino la fornirà ai docenti: “Vietarla? Impossibile. Si userà per lezioni, esami e tesi”

Accordo con Open Ai e Microsoft. Da fine febbraio l’ateneo ha distribuito 600 licenze: “Ne va trasmesso invece, anche agli studenti, l’uso efficace ed etico per prepararsi al futuro”
studenti borse di studio

Sì all’intelligenza artificiale, ma deve essere dichiarata. È questa la linea messa nero su bianco e adottata dall’Università di Torino per l’utilizzo dell’AI come supporto alla scrittura (ma non solo) per docenti, personale amministrativo e studenti. Persino per l’esame più importante del percorso universitario, la tesi di laurea, è permesso il sostegno tecnologico.
 
Secondo i regolamenti interni all’ateno “vietarne l’uso non è consigliato anche perché sarebbe difficile verificarne il rispetto. Al momento non esistono applicazioni, nemmeno basate su AI, capaci di identificare con certezza testi, immagini o altri contenuti generati da strumenti digitali”. Via libera, dunque, all’uso dei chatbot per compiti e preparazione delle lezioni. C’è già chi sta sperimentando un nuovo modo di fare ricerca e didattica: da fine febbraio l’ateneo ha distribuito 600 licenze, esaurite in pochissimo tempo.

“Abbiamo fatto un accordo — spiega Guido Boella, professore di Informatica e vicerettore per l’Intelligenza artificiale, in un’intervista al Corriere della Sera — con Open Ai Microsoft per Chatgpt Copilot. Al momento sono in prova per chi ne ha fatto richiesta e il 10 aprile procederemo alla raccolta dei feedback”. La registrazione di un contratto rappresenta uno strumento fondamentale per tutelare le università e i ricercatori che lavorano su idee e progetti ancora in fase di sviluppo. Senza questa garanzia esiste il rischio che personalità esterne possano appropriarsi indebitamente del lavoro, sottraendolo ai legittimi proprietari.

Più sicurezza con le licenze a pagamento dell’AI

“Pagando queste piattaforme ci assicuriamo che i dati immessi non vengano riproposti. In realtà non c’è una sicurezza assoluta, perché si tratta comunque di materiale che viene immagazzinato. Nella versione gratuita, però, tutto ciò che scriviamo viene acquisito dall’AI e potenzialmente utilizzato. Si tratterebbe dunque di un danno enorme per chi sta facendo un progetto di ricerca”. Nei prossimi mesi sarà necessario capire come e se la nuova tecnologia permeerà le attività didattiche, amministrative o semplicemente la vita dei dipendenti di Unito.

“Non sappiamo ancora come procederemo dopo questa prima prova — continua Boella —, magari potremmo pensare a sistemi automatici che trascrivono le riunioni. Oppure, se guardiamo all’intelligenza artificiale di Google, questa può entrare anche nelle mail. La vogliamo? Non la vogliamo? Sono tutte cose ancora da decidere e capire”.

“Per gli studenti sono competenze ormai indispensabili”

Attualmente le linee guida interne permettono “l’uso di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale come supporto all’insegnamento e all’apprendimento” e la necessità di fornire le giuste competenze agli studenti nell’impiego “efficace ed etico di questi strumenti per prepararli adeguatamente all’utilizzo durante i loro studi e alle sfide che incontreranno nel mondo del lavoro”. 

È proprio da questo campo che arrivano i principali timori: ogni tecnologia crea “morti e feriti” e cancella alcuni impieghi. “Ci sono importanti studiosi che evidenziano un possibile calo dell’occupazione legato alla prospettiva attuale con cui guardiamo all’AI: sistemi che si sostituiscono agli esseri umani. Si potrebbero invece creare progetti che aumentano la produttività delle persone senza sostituirle. Occorrerebbe lavorare su questo”.

Facoltà umanistiche? A lezione di chatbot e prompt

Allo stesso modo, per gli aspiranti laureati in Scienze della comunicazione, il futuro potrebbe non passare più dalla tastiera, ma dalla capacità di porre le giuste domande a un chatbot. È questo il nuovo scenario che si apre nel corso più frequentato del dipartimento di Studi Umanistici (1.046 matricole nel 2024), dove, a partire dal prossimo anno, prenderà il via una nuova attività dedicata all’intelligenza artificiale: “Ai per la comunicazione“.

“Lo faremo io e Simone Natale — spiega la presidente del corso di laurea Gabriella Taddeo —. Il laboratorio sarà diviso in due parti: una più teorica, dedicata all’analisi dei meccanismi dell’Intelligenza artificiale, e una pratica, focalizzata su attività come l’analisi del target, le analytics, il brainstorming e l’utilizzo di strumenti per la produzione di video, audio e podcast. L’obiettivo è lavorare in modo approfondito prima di affidarsi all’Ai, perché a fare la differenza sarà la qualità della domanda posta al sistema. Conta più il modo in cui si formula la richiesta, con un approccio critico che spinga a chiedersi: perché hai fatto questa scelta? Il “cosa” si realizzerà più velocemente, ma è il “perché” che farà la differenza. Sotto questo aspetto stiamo ripensando anche le tesi di laurea, valutando nuove regole”.

Cambia il concetto di tesi di laurea con l’AI

Il forte interesse per questo mondo è testimoniato anche dal boom degli iscritti che negli ultimi 3 anni hanno sempre superato le mille unità. Un dato diventato insostenibile per un’organizzazione che prevede la presenza di una forte componente di didattica esperienziale. Proprio per questo, dal prossimo anno, per il corso di Scienze della comunicazione, sarà introdotto il numero locale programmato: 750 posti. “Non è una novità — racconta il presidente del dipartimento Alessandro Mengozzi —, dai primi anni 90 al 2010 erano previsti circa 300 posti. Poi è stato eliminato il numero programmato per rispondere a un previsto ampliamento e a un crescente interesse. Da quel momento c’è stata una crescita costante. Con il passaggio ai dipartimenti, il corso di laurea ha iniziato a puntare fortemente su laboratori e tirocini in azienda. Questo approccio rientra in un più ampio ripensamento delle scienze umane, che cercano di rispondere ai cambiamenti in atto, in un momento in cui l’intelligenza artificiale e il pensiero critico rivestono un ruolo cruciale. L’obiettivo è creare un legame forte con il territorio, le aziende e un numero crescente di studenti interessati a costruire il proprio futuro in questo settore”.

E dunque la rivoluzione tecnologica parte proprio da chi dovrebbe avere più paura di uno scrittore artificiale: gli umanisti. “Ci sono alcune resistenze — ammette Mengozzi —, ma la maggior parte dei colleghi ha voglia di sperimentare. Io stesso mi sono ritrovato a confrontarmi con uno studente che stava scrivendo una tesi e gli ho chiesto di apportare piccole correzioni a un paragrafo tramite questi nuovi strumenti. Successivamente, gli ho detto di fare anche un lavoro di editing per verificare se quanto generato dall’Ai necessitasse di modifiche, cosa che, in realtà, accade molto raramente”.

Leggi anche altre notizie su CorriereUniv

Seguici su Facebook e Instagram

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article
Occupazione

Danni alla scuola durante l'occupazione: 12 studenti rischiano la bocciatura

Next Article

Contratto scuola, proposti aumenti di 150 euro al mese per i docenti, 130 per gli Ata

Related Posts