Il 28 e 29 maggio l’Università di Torino sarà chiamata ad eleggere il prossimo rettore che sostituirà l’uscente Stefano Geuna. Sono tre i candidati che andranno a contendersi la guida dell’Ateneo piemontese: Cristina Prandi, Laura Scomparin, Raffaele Caterina. Due donne e un uomo, nell’Università che lo scorso anno aveva visto una forte discussione derivante dalle denunce anonime del ‘Me too di Torino’ delle studentesse.
Chi sono i candidati e qual è la loro storia? Cristina Prandi, attuale vicerettrice per la ricerca scientifica, è una delle figure di spicco dietro la realizzazione della Città delle Scienze e dell’Ambiente di Grugliasco. Al suo fianco, come prorettore, ha scelto lo storico Gianluca Cuniberti, noto per la sua sensibilità verso le istanze studentesche. Laura Scomparin, anch’essa proveniente dal dipartimento di giurisprudenza, ha optato per un tandem con Luca Brazzi, direttore della scuola di specializzazione in anestesia, rianimazione e terapia intensiva. Entrambe le candidate rappresentano un cambiamento significativo in un’istituzione che ha visto solo uomini al vertice per secoli.
Raffaele Caterina, già direttore del dipartimento di giurisprudenza, si presenta come il candidato più conservatore. La sua scelta di Paola Sacchi, del dipartimento di veterinaria, come prorettrice, riflette un tentativo di intercettare i malumori verso l’attuale gestione. Caterina potrebbe attrarre il voto di chi desidera un ritorno a una gestione più tradizionale. L’Università di Torino, con i suoi 27 dipartimenti, è oggi un’istituzione eterogenea, in cui la provenienza disciplinare dei candidati non è più un fattore determinante come in passato. La sfida per il rettorato si gioca su un terreno di innovazione e tradizione, con i candidati che cercano di fondere anime e sensibilità diverse, umanistiche e scientifiche, in un contesto accademico sempre più complesso.
Parodi: “I ricercatori non possono vivere con 1200 euro al mese”
“Penso sia necessaria una squadra di governo molto in sintonia. Non puoi governare da solo perché ti trovi ad affrontare cose psicologicamente pesanti. Occorre, poi, individuare deleghe prioritarie. Io per esempio credo ne serva una ad hoc per il bilancio, che è un atto politico importante”, afferma la prof.ssa intervistata da Corriereuniv.it. “Una cosa che non rifarei è spacchettare la ricerca in 4 aree. È un’organizzazione che ha limitato molto la visione unitaria e ha portato a ragionare per ambiti”. In uno dei temi caldi degli ultimi anni, quello della collaborazione o meno con Israele, l’Ateneo ha rettore alle pressioni pro Palestina. “L’università si fonda sull’inclusione. Per me è stato illuminante sentire Tomaso Montanari che ha chiarito perfettamente questo elemento. L’università è inclusiva e per definizione non può prendere posizione politica. Può farlo solo quando viene impedita la propria missione. Io non credo che fermare gli accordi sia la strada giusta. Non penso che il blocco a priori abbia senso, perché non è sempre facile individuare se una ricerca ha un risvolto militare. Dobbiamo puntare sulla cultura della pace, lavoreremo anche su questo”.
“Molestie? Ho ricevuto battute inopportune da giovane ma mai nulla di così grave. È stato fatto già molto ma bisogna fare di più sul tema, serve un’attenzione massima. Studenti e studentesse devono trovare un ambiente di protezione. L’aspetto importante è la revisione dei codici etici di Università di Torino, occorre intensificare il ruolo della consigliera di fiducia, forse una non basta per tutto l’ateneo. Infine, insistere su un processo culturale che è in atto ma non per tutti”. E sul precariato afferma: “È un tema che mi tocca. Non possiamo avere borse di dottorato da 1200 euro al mese. Stiamo parlando di persone tra i 25 e i 30 anni. Occorre vivere con quella cifra, è senza dubbio un tema prioritario”. Mentre nella sfida con il Politecnico sottolinea: “Dobbiamo riportare la nostra autorevolezza sui tavoli politici dove siamo mancati negli ultimi anni”.
Sugli studentati afferma: “Dobbiamo dirigere il processo della nascita degli studentati privati, perché l’Ateneo deve interloquire con chi investe per mantenere i prezzi che oggi sono troppo elevati e non rappresentano una soluzione praticabile per la maggioranza dei nostri studenti”. Sui fondi alla ricerca e all’università “serve un maggior impulso all’interno della Crui. Anche per quanto riguarda il contratto di ricerca”.
Scomparin: “Troppe molestie all’Università di Torino, potenziare consigliera di fiducia”
Molti i report di molestie all’interno delle Università redatti negli ultimi anni. Numerose analisi spiegano il disagio e la sofferenza che provano le donne nel segnalare comportamenti che, dal punto di vista giuridico, si possono qualificare senza dubbio come violenze. “Eppure, non denunciano per varie ragioni. La prima è la resilienza tipicamente femminile. Si ha l’idea di potercela fare da sole, Poi, la seconda, è che si sminuisce il fatto ritenendolo non abbastanza grave. Come ho fatto io stessa, sbagliando, quando un collega una sera mi ha messo le mani addosso. Oggi ho capito che è stato un episodio grave“, dichiara Scomparin a Corriereuniv.it.
“Sono entrata in università 35 anni fa, come studentessa, e rispetto allora c’è stato un cambiamento culturale. Questa consapevolezza non c’è sempre stata, ma sono ancora tanti i passi in avanti che dobbiamo fare”, spiega Scomparin che questi temi li conosce bene essendo consigliera di fiducia dell’amministrazione penitenziaria. Come ha dimostrato quest’estate, quando in un dibattito alla festa del Pd torinese, aveva raccontato: “Nell’ultima ricerca Istat sono 8.816.000 le donne in Italia, dai 14 ai 65 anni, che dichiarano di aver subito una forma di molestia sessuale. Questo significa che mancano all’appello molte denunce”.
La professoressa afferma: “Dobbiamo considerare la sfiducia nelle istituzioni. Se sui primi due temi citati abbiamo fatto dei passi avanti, sulla capacità di intervento delle forze dell’ordine o di un ateneo, dove in teoria dovrebbero già esistere degli strumenti di protezione, abbiamo ancora tanto lavoro da fare”. Si è discusso molto della scarsa efficacia del sistema disciplinare universitario basato sul testo unico del 1933. “Che non sia mai stato riformato, è veramente surreale. Ma non è solo un problema teorico. Non è normale che una vittima, che con fatica rinuncia al silenzio, non abbia il diritto di essere sentita da chi deve applicare la sanzione e non debba essere informata dell’esito del procedimento per via di una legge arcaica”.
Negli ultimi mesi, l’Università ha cercato di reagire. Sono stati moltiplicati i centri di ascolto nei vari campus. Scomparin, come ex vicerettrice, si è impegnata in prima persona. “È solo l’inizio, bisognerebbe, per esempio, migliorare la comunicazione. Negli atenei stranieri forniscono un kit informativo che spiega cosa fare: un piccolo sforzo che permetterebbe di far emergere molti casi”. Poi, c’è da ripensare la struttura all’interno dei dipartimenti. “La normativa prevede un’unica consigliera di fiducia. Una persona deve prendersi carico di un parterre di 81 mila studenti, 2.500 addetti del personale amministrativo, 2.500 docenti, più 1.500 precari. È troppo. Nei campus, bisogna aumentare il numero di persone formate che possano diventare punto di riferimento per le donne. Se io quella sera avessi avuto il nome e il numero di una di queste magari le avrei detto cosa mi era accaduto e probabilmente sarei stata aiutata. Quella volta mi limitati a parlarne con alcune persone più strette per cercare un soluzione. Nei miei interventi come consigliera di fiducia, ho più volte raccontato la mia esperienza perché so che è complicato ma bisogna avere più coraggio“.
Caterina: “Essere più attrattivi con corsi di laurea in inglese”
“Per diventare un Ateneo internazionale dobbiamo offrire più corsi in inglese, che fungono anche da attrazione di studenti fuori regione, oltre che internazionale”, afferma Caterina intervistato da Corriereuniv.it. “Serve un’accoglienza migliore, con servizi abitativi e per sport, ma anche far sentire meno soli questi studenti, anche sulla questione burocratica, da questo punto di vista potrebbe aiutarci l’AI con gli assistenti virtuali che possono essere qualcosa che si aggiunge al personale tecnico amministrativo. Il tema degli studentati è importante, dobbiamo impegnarci di più e farci facilitatori nel dialogo con la città”.
“L’Università di Torino deve essere più attiva nella Crui ma quest’ultima dovrebbe essere più incisiva nel confronto con il governo. L’Università in Italia versa in tempi complessi, dopo la bolla del Pnrr rischiamo un’enorme dispersione di competenze. Dobbiamo attrezzarci per rispondere al meglio e l’Ateneo non deve lasciare da soli i Dipartimenti, dobbiamo migliorare sia nell’attrazzione di fondi ordinari sia nel confronto con le fondazioni per attrarre fondi ulteriori”. Riguardo il conflitto in Palestina, il prof. afferma: “Presenza e dialogo. Solo questo può permettere di portare questi temi all’interno del dibattito in Ateneo. Le situazioni possono risolversi prima ed evitare sensazioni di fuga”. La figura del direttore generale è solitamente fiduciaria, se si dovrà cambiare che tipo di figura sarà? “Serve una figura di mondi affini ma il rettore deve farsi garante dell’Ateneo con trasparenza e partecipazione. Non servono processi calati dall’alto come in passato qualche volta è successo ma le decisioni devono essere sentite di fiducia”. +
Riguardo lo sviluppo edilizio, il direttore del Dipartimento di Giurisprudenza afferma: “Università di Torino ha vissuto di grandi progetti come quello di Grugliasco. L’altro progetto è il Parco di Salute. Piazza Nizza sarà il grande polo della ricerca di base Biomedica di Torino e quando i primi laboratori si sposteranno dalle Molinette si dovrà avviare un discorso su quell’area enorme ed essendo l’univeristà di Torino proprietaria di metà degli spazi dovrà dire la sua”.
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