Sciopero delle Università, chi protesta e perché

Oggi protestano assegnisti, ricercatori e personale a tempo determinato contro il precariato, i tagli al fondo universitario e il definanziamento degli atenei. Lo sciopero è proclamato dalla FLC CGIL

Oggi si ferma l’università italiana. Lo sciopero nazionale è stato problamato per il 12 maggio riguarderà ampie fasce del personale accademico, in particolare i lavoratori precari: assegnisti di ricerca, ricercatori a tempo determinato, dottorandi, specializzandi e collaboratori didattici. A loro si uniscono docenti strutturati, personale tecnico-amministrativo e associazioni studentesche, in una mobilitazione che punta a denunciare la precarizzazione crescente del sistema universitario e a chiedere un’inversione di rotta netta nelle politiche di finanziamento e reclutamento.

La mobilitazione è stata indetta dalla FLC CGIL insieme ad ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), Link – Coordinamento Universitario, USB e altre sigle sindacali e associative. Le adesioni, cresciute nelle ultime settimane, potrebbero coinvolgere migliaia di persone in tutto il Paese, da studenti a personale docente e tecnico-amministrativo.

Le motivazioni dello sciopero

Secondo quanto si legge nella nota ufficiale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, lo sciopero è stato proclamato “contro le politiche sul precariato universitario, il definanziamento degli atenei e i tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) portati avanti dall’attuale Governo”. La mobilitazione nasce dunque da una situazione di progressivo impoverimento delle università pubbliche, aggravata da anni di politiche che non hanno saputo offrire soluzioni strutturali al precariato diffuso, né adeguati investimenti per garantire qualità e accesso all’istruzione superiore.

Tra le principali rivendicazioni, la FLC CGIL evidenzia il bisogno di un piano straordinario di assunzioni e di stabilizzazione del personale precario, l’aumento delle risorse destinate al sistema universitario pubblico — con una richiesta di incremento di almeno 5 miliardi di euro nei prossimi cinque anni — e il blocco di ogni proposta legislativa che intenda introdurre ulteriori figure a termine nel pre-ruolo, oltre al già controverso “Contratto di Ricerca”.

Lo sciopero, prosegue la nota del sindacato, “raccoglie l’appello per una mobilitazione contro tagli, guerra e precarietà delle Assemblee Precarie Nazionali e di diversi altri soggetti che si sono attivati negli atenei”. Sarà anche “un’occasione per rendere finalmente visibili le ragioni di chi non solo ha un lavoro a termine, ma si trova in larga parte senza tutele e senza rappresentanza”.

I corsi a rischio

Ad aderire saranno in particolare assegnisti, dottorandi, borsisti, specializzandi e ricercatori precari, ma anche personale tecnico-amministrativo, bibliotecario e docenti strutturati che intendono esprimere solidarietà.

La protesta rischia di avere un impatto concreto: numerosi corsi verranno sospesi, gli esami rinviati e le attività universitarie ridotte al minimo in molte città italiane, da Milano a Roma, da Napoli a Bologna. Cortei, presìdi e assemblee pubbliche sono previsti in decine di atenei italiani.

Lo sciopero del 12 maggio rappresenta per molti “l’occasione per convergere contro le politiche del Governo rivendicando un’università pubblica e democratica”, come sottolinea la FLC CGIL. In questo senso, la protesta non è solo la voce del precariato, ma anche un segnale più ampio di dissenso contro la deriva di un sistema universitario sempre più impoverito, frammentato e distante dagli standard europei.

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