Mangiare un’arancia sotto la doccia per combattere l’ansia. Curare un trauma in un’ora. Diagnosticare un disturbo borderline da un reel da 30 secondi. Sembra assurdo, e invece è la normalità su TikTok. A lanciare l’allarme è un’inchiesta del The Guardian pubblicata il 31 maggio 2025: più della metà dei video più popolari con l’hashtag #mentalhealthtips contiene informazioni scorrette o fuorvianti.
Lo studio: 52 video su 100 diffondono disinformazione
Il giornale britannico ha selezionato i 100 video più visti sul tema e li ha fatti valutare da psicologi, psichiatri e accademici. Risultato? Ben 52 contenuti contenevano notizie errate o non verificabili, mentre altri erano troppo vaghi o inutili. Si va dall’abuso di termini psicologici (come “trauma”, “gaslighting”, “disregolazione emotiva”) all’equazione tra emozioni comuni e patologie gravi.
“Molti video usano il linguaggio terapeutico in modo scorretto, confondendo benessere, ansia e disturbo mentale
Dott. David Okai, neuropsichiatra del King’s College di Londra.
come fossero la stessa cosa”
Il pericolo dei consigli virali
Secondo gli esperti, il problema non è solo la superficialità, ma il fatto che milioni di giovani stanno cercando supporto psicologico proprio sui social, trovando però suggerimenti basati su esperienze personali, prodotti non testati o “trucchi magici” senza alcuna base scientifica.
“Molti contenuti finiscono per patologizzare esperienze comuni, facendo credere
Dan Poulter, ex ministro della salute e psichiatra del NHS.
che ogni momento difficile equivalga a una malattia mentale”
Un esempio? L’uso di integratori come magnesio, basilico sacro o zafferano contro l’ansia, pur non esistendo evidenze scientifiche solide a supporto. Oppure la convinzione che tutti vivano il trauma allo stesso modo e che i sintomi siano sempre uguali per chi soffre di PTSD. Una generalizzazione, questa, che rischia di far sentire “sbagliati” proprio coloro che cercano aiuto.
La risposta delle istituzioni
TikTok ha risposto che collabora con enti come l’OMS e il sistema sanitario britannico per promuovere contenuti affidabili, rimuovendo il 98% delle informazioni dannose prima ancora che vengano segnalate. Tuttavia, secondo diversi parlamentari britannici, l’Online Safety Act non è ancora sufficiente a contrastare la disinformazione promossa dagli algoritmi. “Ci sono forti dubbi sull’efficacia delle attuali normative” – ha dichiarato Chi Onwurah, presidente della commissione parlamentare su tecnologia e sicurezza. – “I sistemi di raccomandazione amplificano contenuti dannosi”. Anche Paulette Hamilton, presidente ad interim della commissione sanità, ha sottolineato: “I suggerimenti trovati online non possono sostituire un supporto professionale e qualificato”.
Cosa possiamo fare noi?
Per studenti e studentesse, il messaggio è chiaro: non affidate la vostra salute mentale ai social. Parlare di benessere è giusto, ma le diagnosi e i percorsi terapeutici devono rimanere nelle mani di professionisti qualificati. Verificare le fonti, diffidare delle soluzioni miracolose e ricordare che ogni percorso di cura è individuale sono piccoli ma importanti passi per proteggere sé stessi.