La legge di bilancio per il 2026 introduce importanti novità nel sistema pensionistico italiano, con modifiche che avranno effetto soprattutto su chi punta alla pensione anticipata e ha riscattato gli anni di laurea per anticipare l’uscita dal lavoro.
Riscatto della laurea: meno “peso” nei contributi
Una delle principali misure riguarda il riscatto della laurea triennale: la possibilità di trasformare gli anni di studio universitario in contributi da includere nel calcolo della pensione. Secondo l’emendamento del governo alla Manovra, a partire dal 1° gennaio 2031 gli anni riscattati conteranno progressivamente meno ai fini del raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.
La riduzione è graduata e aumenta col passare degli anni:
- 2031 – 6 mesi non vengono considerati;
- 2032 – 12 mesi;
- 2033 – 18 mesi;
- 2034 – 24 mesi
- 2035 e oltre – 30 mesi
In pratica, chi maturerà in futuro i requisiti per l’uscita anticipata vedrà una parte degli anni riscattati non contribuire al totale dei contributi riconosciuti, riducendo l’effetto “spintaneo” dell’anticipo pensionistico che questa pratica offriva fino ad oggi.
Oltre alla stretta sul valore del riscatto della laurea, la manovra modifica anche la cosiddetta “finestra mobile”, cioè il periodo di attesa tra il momento in cui si maturano i requisiti pensionistici e l’inizio effettivo dell’erogazione dell’assegno. Per chi completerà i requisiti dal 2032 in poi, questa attesa si allungherà gradualmente: si passa da una finestra di tre mesi per chi matura i requisiti entro il 2031, fino a quattro, cinque o sei mesi nei successivi anni.
Il governo giustifica la modifica come parte di una gestione più sostenibile della spesa previdenziale, scoraggiando l’utilizzo del riscatto della laurea come strumento per anticipare l’uscita dal lavoro, soprattutto in un contesto demografico di invecchiamento della popolazione e di bilancio pubblico che richiede risorse più attente.
Le novità riguardano principalmente chi matura i requisiti per la pensione anticipata dopo il 2030, cioè le generazioni di lavoratori più giovani o in piena attività. Per chi già ha maturato i requisiti entro il 2031 non cambiano le regole attuali.
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