Un test del sangue per evitare l’amniocentesi

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Non solo è meno invasivo, ma può essere eseguito in anticipo e produce meno diagnosi errate dei metodi finora più comuni per rilevare la trisomia 21, la Sindrome di Down. Il test del sangue che si basa sull’analisi del Dna fetale ideato dai ricercatori dell’Harris Birthright Research Centre for Fetal Medicine, presso il King’s College Hospital di Londra guidati da Kypros Nicolaides è stato al centro di una nuova ricerca che ne ha verificato la sicurezza e attendibilità.

La conferma arriva da uno studio appena pubblicato su Ultrasound in Obstetrics & Gynecology condotto su 1.005 gravidanze che ha stabilito come il test del sangue produce un minor numero di falsi positivi, i casi in cui viene diagnosticata erroneamente una trisomia 21 a carico del feto. I falsi positivi sono stati lo 0,1% rispetto al dato più significativo, il 3,4%, prodotti dalla diagnosi combinata attualmente in uso: l’ecografia prenatale unita al prelievo dei villi coriale oppure all’amniocentesi, che tuttavia comporta un rischio, seppur modesto, di aborto.

Dalla sua il test del sangue, chiamato cfDna, ha anche la possibilità di anticipare la diagnosi alla decima settimana di gravidanza, a differenza degli altri metodi eseguibili di norma tra le 11 e 13 settimane. Il test del Dna si è rilevato quindi più sensibile ed attendibile, anche se nello studio entrambi i metodi hanno prodotto tutte le diagnosi di trisomia 21.

Nonostante i meriti, anche il test del sangue ha sollevato fin dalla sua comparsa l’opposizione delle associazioni antiabortiste nel Regno Unito e in Germania. Contro il test, che è attualmente disponibile anche in Italia, si sono schierati i movimenti pro-vita sostenendo che come l’amniocentesi si tratti di un mezzo con caratteristiche di selezione eugenetica, che favorisce l’aborto e discrimina le persone con Sindrome di Down.

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