Nella vicenda della famiglia che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, emerge un documento che, secondo la difesa, smentirebbe in modo decisivo la ricostruzione del Tribunale dei minori. I giudici avevano disposto l’allontanamento dei figli dai genitori, contestando tra l’altro l’assenza di autorizzazione all’istruzione parentale.
L’avvocato Giovanni Angelucci, legale della coppia e consigliere comunale della Lega, in un’intervista a Il Centro afferma che l’Istituto comprensivo competente avrebbe invece regolarmente autorizzato la famiglia all’home schooling per l’anno scolastico in corso, ratificando anche l’idoneità della figlia maggiore. Il documento è datato 12 ottobre e protocollato il 3 novembre 2025, ma sarebbe arrivato nelle mani del legale solo il giorno dell’esecuzione del decreto di allontanamento.
Secondo la difesa, la questione scolastica è cruciale. Angelucci parla di “un punto fondamentale, un vero e proprio cortocircuito istituzionale”. Nel decreto del 13 novembre, il tribunale contesta la mancata frequenza scolastica e l’assenza di autorizzazione all’istruzione parentale, oltre a non riconoscere un attestato di idoneità rilasciato da una scuola paritaria. Il legale replica citando l’atto dell’Istituto comprensivo: “In quel documento la scuola autorizza formalmente i genitori all’istruzione parentale e conferma l’idoneità della bambina”. Un’autorizzazione quindi precedente alla decisione del tribunale.
Angelucci sostiene inoltre che il documento non sia mai stato trasmesso ai giudici. “Perché non lo avevano. E non lo avevano perché, secondo quanto ci risulta, l’assistente sociale lo ha tenuto nel cassetto invece di inviarlo tempestivamente. Io l’ho avuto soltanto giovedì scorso, il giorno dell’esecuzione del decreto, consegnato dal sindaco”. Se questa circostanza venisse confermata, potrebbe incidere sull’iter del ricorso. “Se quel documento fosse stato agli atti, forse la decisione sarebbe stata diversa. Di certo nelle motivazioni ci sarebbe stata una pagina in meno”.
La difesa insiste dunque sulla necessità di riesaminare tutti gli atti formali e di valutare la correttezza del materiale acquisito dal tribunale. Rimangono aperte le contestazioni sulle condizioni igienico-abitative, ma il legale sostiene che la famiglia avesse già avviato interventi di miglioramento. “Un tecnico stava predisponendo la costruzione di un bagno esterno, collegato a una veranda, con sistema di fitodepurazione. Non un bagno chimico, ma una soluzione ecologica prevista dalla legge”.
Angelucci chiarisce anche che la famiglia ha rifiutato i fondi pubblici offerti dal Comune: “Non vogliono assistenzialismo. Hanno una loro autonomia economica e se ci sono lavori da fare intendono pagarli loro”.
Nel decreto viene citata anche una richiesta di 50 mila euro per ciascun figlio e un presunto rifiuto delle cure mediche. Il legale definisce la richiesta economica “una provocazione intellettuale, una boutade nata in un momento di esasperazione”. Quanto alle cure, sostiene che non esista un rifiuto assoluto: “Accetterebbero visite se strettamente necessarie, ma solo esami non invasivi. Niente elettrodi in testa, niente ospedalizzazioni traumatiche”.
Dopo l’esecuzione del decreto, la madre, Catherine Birmingham, vive con i tre figli in una struttura protetta a Vasto. Il padre, Nathan Trevallion, può incontrarli per pochi minuti al giorno. “È una situazione difficile”, afferma Angelucci. “Catherine e i bambini vivono con regole rigide, stanze separate e una quotidianità completamente diversa dalla loro. Il nostro obiettivo è riunire la famiglia il prima possibile”.
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