Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief, ha preso la parola durante un convegno organizzato dalla Cesi davanti alla Commissione Istruzione del Parlamento europeo, presieduta dal vicepresidente Petrov, per denunciare le criticità che colpiscono il corpo docente italiano.
“Gli insegnanti devono convivere con un livello di precarietà altissimo – il 25% dell’organico, pari a 250mila unità – come già rilevato anche dalla Commissione europea nella causa avviata alla Corte di giustizia contro l’Italia, su ricorso dell’Anief”, ha sottolineato Pacifico. “A questo si aggiungono stipendi tra i più bassi d’Europa. Oggi un docente guadagna meno di un operaio specializzato, 10mila euro in meno rispetto a chi lavora nei ministeri. A fine carriera, resta sotto la media europea, percependo la metà dei colleghi tedeschi e un terzo di quelli francesi”.
Il leader dell’Anief ha denunciato anche l’assenza di vere prospettive di carriera: “Gli scatti di anzianità sono pochi e lontani nel tempo. Non vengono riconosciuti ai precari e le differenze tra inizio e fine lavoro restano minime. In più, l’80% delle insegnanti – donne con titoli di studio elevati – continua a guadagnare meno di altre dipendenti pubbliche con qualifiche inferiori”. Una situazione che colpisce in modo particolare le docenti di sostegno, con il 50% dei posti coperti da precari (120mila unità). O le maestre di infanzia e primaria, pagate meno delle colleghe della secondaria pur con più ore di didattica frontale.
Pacifico ha poi richiamato l’attenzione sulle condizioni di lavoro e di pensionamento: “Gli insegnanti non hanno finestre di uscita anticipata come militari e forze di polizia e vanno in pensione a 67 anni, senza alcun riconoscimento del burnout o la possibilità di riscattare in modo agevolato gli anni universitari. Nel frattempo lavorano in scuole spesso insicure con classi sovraffollate, edifici non climatizzati e inadatti al cambiamento climatico”.
La proposta, secondo il presidente dell’Anief, è chiara: “”Serve una carta europea degli insegnanti che consenta di aprire un confronto con le istituzioni nazionali e avviare riforme strutturali. La situazione attuale non è più sostenibile e rischia di compromettere la crescita del Paese e dell’intera Europa”.
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