Un insegnante è stato sanzionato per aver contestato in modo acceso la decisione del dirigente scolastico di mantenere aperta la scuola durante uno sciopero. L’episodio, avvenuto davanti agli studenti, aveva spinto il dirigente ad aprire e concludere direttamente il procedimento disciplinare, irrogando una sospensione fino a dieci giorni senza stipendio.
Il Tribunale aveva confermato la sanzione, ritenendo che il docente non si fosse limitato a esercitare un diritto di critica, ma avesse usato toni irriguardosi e un atteggiamento aggressivo, tali da ledere la credibilità della funzione direttiva.
La decisione della Cassazione
La Cassazione (Ord. Sez. L n. 20455/2025) ha ribaltato la sentenza, chiarendo che il dirigente scolastico non ha il potere di comminare una sospensione fino a dieci giorni ai docenti. Tale sanzione è prevista solo per il personale ATA, come stabilito dal CCNL 29 novembre 2007. Per gli insegnanti, invece, valgono le disposizioni del d.lgs. 297/1994, che prevedono altre tipologie di sanzioni disciplinari (censura, sospensione fino a un mese, oltre un mese fino a sei mesi, sospensione con cambio di mansioni e destituzione).
Secondo la Suprema Corte, la competenza a gestire il procedimento disciplinare non può basarsi sulla misura che la Pubblica Amministrazione intende infliggere, ma unicamente sulle sanzioni massime previste dall’atto di contestazione. Un principio già ribadito in precedenti pronunce (Cass. n. 30226/2019, n. 20845/2019, n. 19097/2024).
La sentenza impugnata non rispetta tali principi e dovrà essere riesaminata dalla Corte territoriale. Spetterà a quest’ultima pronunciarsi di nuovo sulla vicenda e regolare le spese del giudizio.
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