«Ieri non avevi la febbre?» «La mamma mi ha dato la tachipirina e mi è passata.» Così il bambino è tornato a scuola nonostante il naso che cola e una tosse insistente. Nel frattempo, in un istituto comprensivo di Perugia, un’insegnante di sostegno ha dovuto tenere in braccio per oltre tre giorni una bambina di prima elementare che piangeva per il mal di testa e i dolori addominali. «Abbiamo provato a contattare i genitori, ma non hanno mai risposto», racconta amareggiata la docente a Il Resto del Carlino.
La polemica sui bambini influenzati mandati a scuola dai genitori, nonostante febbre e malesseri evidenti, continua ad alimentare il dibattito. Dirigenti scolastici e insegnanti non esitano a definire questi atteggiamenti «irresponsabili ed egoistici». Pur comprendendo le difficoltà delle famiglie che lavorano e non dispongono di alternative è inaccettabile.
Un bambino influenzato, costretto a trascorrere ore in un ambiente chiuso, può facilmente diventare la causa di un’ondata di contagi. Non è un’esagerazione per le insegnanti di una scuola della periferia cittadina: «Nel nostro istituto una collega è stata ricoverata per polmonite, altre sono a casa con la febbre. L’organico è ridotto al minimo e, se l’assenza non supera i dieci giorni, non si può nemmeno attivare una sostituzione.» A risentirne non è solo la salute di studenti e docenti, ma anche la qualità della didattica.
In molte classi, le attività didattiche procedono a rilento a causa dell’assenza diffusa di alunni e insegnanti. I dirigenti scolastici, tuttavia, hanno poche armi per fronteggiare la situazione: c’è chi valuta di inviare una circolare alle famiglie e chi, impotente, aspetta tempi migliori. Il paradosso è che qualsiasi decisione venga presa sembra comunque sbagliata.
«Qualche giorno fa – racconta una nonna incredula – siamo corsi al pronto soccorso perché il preside aveva chiamato l’ambulanza prima che arrivassimo. Quando siamo andati a prendere il bambino ci siamo spaventati moltissimo, anche lui era sotto shock. È vero, aveva la febbre molto alta, ma non ci aspettavamo una simile reazione.» Eppure, il protocollo scolastico parla chiaro: se la temperatura supera i 39 gradi, la scuola è tenuta a richiedere l’intervento del personale sanitario per scongiurare eventuali complicazioni, come le convulsioni.
Poveri bambini, lontani i tempi in cui ogni febbre era un’occasione per ricevere le cure amorevoli di nonne e zie, con i biscotti Lazzaroni sul comodino e i genitori che si alternavano a leggere Le avventure di Pinocchio per rendere più lieve la convalescenza.
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