Più precisamente, nell’altezza in età adolescenziale, e in particolare nella statura a 16 anni, si nasconderebbero le basi di una brillante carriera lavorativa e di una soddisfacente remunerazione economica. Questo poiché, secondo gli studiosi, un’altezza superiore alla media negli anni della pubertà incrementerebbe l’autostima che il soggetto ha di sé e, conseguentemente, ciò favorirebbe la natura, la quantità e la qualità dei rapporti interpersonali intessuti nel periodo adolescenziale.
A giudicare dall’indagine G.I.D.P., il professor Persico e i suoi colleghi sembrano invece essere caduti in errore per quanto riguarda la relazione individuata fra la partecipazione, nell’adolescenza, ad attività sociali di varia natura e le retribuzioni percepite in età adulta. Sport e circoli culturali non sembrano essere, secondo quanto rilevato da G.I.D.P., canali fondamentali per lo sviluppo di quelle competenze e quelle capacità che aiutano ciascuno di noi a muoversi più agevolmente sul posto di lavoro. Chi a 16 anni non vi ha preso parte, infatti, percepisce oggi 100€ in più rispetto ai colleghi più ‘attivi’.
Dal canto suo, il dottor Paolo Citterio, presidente nazionale e fondatore di G.I.D.P./H.R.D.A., rivela di aver sposato la tesi del professor Persico fin dal primo momento: “Sulla base della mia esperienza professionale, ormai più che trentennale, posso affermare che, seppur in maniera limitata, il mondo del lavoro tende a privilegiare i più alti: i vertici aziendali cui ho preso parte, infatti, erano composti per la maggior parte da colleghi che superavano il metro e 75. Detto ciò, non posso però esimermi dall’asserire che l’intelligenza non ha altezza. Basta guardarsi intorno per individuare una miriade di personaggi più o meno famosi che hanno ottenuto successi ben superiori alla loro statura”. Ne spiccano due su tutti: Giulio Cesare e Napoleone.
Manuel Massimo