Studente paga 100mila euro tre “bodyguard” per farsi proteggere dai bulli

Ha pagato migliaia di euro per proteggersi dai bulli che lo perseguitavano: è quanto è accaduto a uno studente di 17 anni originario di Bassano del Grappa che ha utilizzato somme ingenti di denaro (quasi 100 mila euro) sottratte dal conto corrente dei genitori, per assicurarsi la protezione di un gruppo di suoi “amici” che avrebbero dovuto proteggerlo da episodi di bullismo che il ragazzo subiva da tempo sia a scuola che altrove. Il tutto adesso sarà al centro di un processo che si svolgerà a luglio visto che i tre “bodyguard” sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di circonvenzione di incapace in concorso.

I fatti risalgono a maggio del 2019 quando il terzetto (di età compresa tra i 19 e i 25 anni) avrebbe conosciuto lo studente in un pub a Marostica grazie ad un’amicizia comune. Durante quella serata il ragazzo si sarebbe sfogato raccontando di essere vittima di bullismo. Un racconto particolarmente dolente che avrebbe così convinto i tre a offrire la loro disponibilità per assicuragli protezione in cambio di denaro. Una versione però smentita oggi dai tre ragazzi che invece parlano di “regali” ricevuti dallo studente per ricambiare la gentilezza. La protezione dai bulli consisteva ogni giorno nell’accompagnarlo a scuola e farsi vedere in giro con lo studente in modo da allontanare i bulli che lo perseguitavano.

Secondo i genitori del ragazzo però, che hanno presentato denuncia, la gentilezza non c’entra proprio niente visto che il gruppetto avrebbe preteso in cambio della presunta protezione il pagamento di ingenti somme di denaro: l’accusa parla di quasi 100 mila euro in tutto che sarebbero spariti dal conto corrente dei genitori che, dopo essersi accorti dell’incredibile ammanco, hanno chiesto spiegazioni al figlio obbligandolo a raccontare tutta la verità. Per la procura che ha formalizzato il capo d’accusa nei confronti del gruppo di “guardie del corpo”, i tre avrebbero “abusato dello stato di fragilità psichica ed emotiva del minore inducendolo con il pretesto di dargli protezione a versare loro denaro”.

Al vaglio degli inquirenti ci sono anche le conversazioni estrapolate dal telefonino della vittima, con le chat intrattenute con gli imputati che hanno scoperto di essere indagati quando sono stati convocati in caserma.

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