Puntualizzando, altresì, che: “Molte delle osservazioni poste ai sindacati e dall’opposizione vengono smentite clamorosamente (in grassetto nel testo, ndr) da questa indagine”. E via a citare, punto per punto, le “bugie” delle critiche all’operato del governo sconfessate dalle “verità” dell’Ocse (opportunamente filtrate, però, dal Miur che le presenta schematicamente in un comunicato di sei paginette). Quali ad esempio, citandone solo tre a titolo dimostrativo:
Critica 1 – “Ci sono troppi studenti per classe”. L’Ocse dice invece che ci sono troppi docenti per alunno (9,6 docenti ogni 100 alunni, contro una media di 6,5). E questo è un fatto. Però si tratta di un dato “spurio” su base nazionale, da prendere con le molle: prima di operare degli accorpamenti e/o dei tagli sarebbe opportuno verificare la distribuzione geografica e la fattibilità di un piano per una più equa ripartizione dell’organico. Tenendo in debita considerazione lo squilibrio nord/sud.
Critica 2 – “Scatti di stipendio in base all’anzianità”. L’Ocse sostiene che gli incentivi economici devono essere dati ai professori migliori. Giusto, giustissimo: ma questo sistema “premiale” avrebbe senso soltanto se affiancato a un criterio oggettivo – peraltro praticamente universale – che prevede un incremento stipendiale in base all’anzianità di servizio.
Critica 3 – “In Italia si investe poco nella scuola”. L’Ocse dice invece che da noi si spende “molto” rispetto ai risultati ottenuti dai nostri studenti se paragonati a quelli dei loro colleghi stranieri. E per “risalire la china”, dunque, cosa occorrerebbe fare? Spendere meno o investire meglio? Se una nazione “più spende” in Istruzione – e i Paesi scandinavi ne sono un chiaro esempio – “meno spende” in termini di gap economico/finanziario e competitività sul piano internazionale.
I dati, insomma, anche se a volte si dice che “parlano da soli”, vanno interpretati o quanto meno contestualizzati: prescindere dal fatto che l’Ocse non fa una classifica – né una top ten, né una hit parade – tra i diversi sistemi d’istruzione ma prende in considerazione alcuni indicatori per fare un’analisi omogenea del settore a livello macro può indurre a trarre conclusioni affrettate e, a volte, imprecise.
Dall’indagine Ocse emerge chiaramente che per migliorare un sistema scolastico – non solo quello italiano – bisogna puntare su valutazione, selezione, qualità. E per farlo sono necessarie risorse, impegno e dedizione: tutti elementi che non possono prescindere da un investimento – anche economico – mirato e da un’attenzione particolare da parte del governo.
Manuel Massimo