Ricerca scientifica e data protection, le raccomandazioni del Garante europeo

La Ue sta predisponendo il framework di utilizzo del nuovo Horizon Europe per il settennio 2021-2027: i dati saranno grandi protagonisti della scena e saranno pertanto diversi gli strumenti legislativi che interverranno nella regolamentazione, primo fra tutti il GDPR

Con il ciclo settennale di bandi di Horizon 2020 in via di esaurimento, il Parlamento europeo sta approvando il nuovo Programma di finanziamento Horizon Europe per il settennio 2021-2027.
Particolarmente focalizzato sull’innovazione digitale, cambiamenti climatici, sostenibilità ed economia circolare, il nuovo Programma intende rafforzare la competitività e la partecipazione degli Enti europei mediante nuovi framework, attualmente in fase di elaborazione; l’esigenza di sicurezza, al passo con l’evoluzione tecnologica, è sempre maggiore, e non a caso in questo periodo assistiamo ad uno sviluppo di strumenti legislativi e regolatori particolarmente vivace.
Rispetto a Horizon 2020, che per quanto attiene alla protezione dati, essendo nato nel grembo della Direttiva 45/96/CE, ha “scoperto” il GDPR soltanto nella piena maturità, Horizon Europe potrà infatti contare anche su altri strumenti legislativi. Vediamo come inquadrare meglio sia il supporto fornito, sia alcune insidie a cui anche il Garante Europeo, con una recente pubblicazione (6 gennaio 2020), invita a prestare attenzione.

Gli strumenti legislativi a supporto di Horizon Europe

Inoltre il 6 gennaio 2020 lo European Data Protection Supervisor ha pubblicato una Preliminary Opinion on data protection and scientific research, nell’ambito della propria responsabilità e del rispettivo potere di fornire indicazioni alle istituzioni UE su ogni fattispecie relativa alla protezione dei dati personali. Pubblicazione molto importante, perché non limitata al regime di applicabilità del Regolamento 2018/1725 che governa la protezione dati degli Organismi dell’Unione Europea.
Tale pubblicazione, sebbene ribadisca che per la ricerca scientifica sussistono, in presenza di opportune misure di garanzia, alcune deroghe agli obblighi previsti dal GDPR per i Titolari del trattamento, pone l’attenzione sui seguenti punti:

L’impatto del GDPR sui progetti di ricerca scientifica
Tenuto conto dell’Art. 179 del TFUE, che specifica che «l’Unione si propone l’obiettivo di rafforzare le sue basi scientifiche e tecnologiche con la realizzazione di uno spazio europeo della ricerca nel quale i ricercatori, le conoscenze scientifiche e le tecnologie circolino liberamente», il Regolamento (UE) 2016/679 ha sicuramente recepito le necessità di maggiore libertà nel riutilizzo di informazioni, anche di natura particolare, nei progetti di ricerca scientifica finalizzati al miglioramento delle condizioni umane; ad ogni modo, con maggiore attenzione nell’applicazione delle misure di sicurezza ai trattamenti, e con i necessari aspetti regolatori di accountability che ritroviamo in tutto il GDPR.
Sono numerosissimi i Considerando in cui si fa riferimento alla ricerca scientifica: 26,33, 50, 52, 53, 62, 65, 113, 156, 157, 159, 161, 162.
E troviamo un valido supporto negli Articoli 5, 9, 14, 17, 21, e nello specifico Articolo 89.
In Italia, con il Titolo VII del Codice Novellato (Artt. da 97 al 110 bis), sono state confermate le logiche di apertura già attuate da tempo nel nostro paese e, grazie alle Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica (pubblicate nel gennaio 2019), e alle misure di garanzia indicate nel Provvedimento dell’Autorità Garante Privacy del 5 giugno 2019 (recante le prescrizioni relative al trattamento di categorie particolari di dati, ai sensi dell’art. 21, comma 1 del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 1), il focus su minimizzazione dei dati e misure di pseudonimizzazione e crittografia per la riduzione dei rischi è ormai ben conosciuto da Università ed Enti di ricerca.
Tuttavia con l’avvento del GDPR, nei progetti che prevedono trattamenti di dati personali (anche se elaborati per successivi processi di anonimizzazione) con la necessità di formalizzare per gli enti partecipanti (Coordinatori, Partners, WP Leaders) sia le attività di trattamento nei Registri ex Art. 30 del Regolamento, sia i ruoli (Titolare, Responsabile, Contitolare, talvolta difficili da individuare nell’ambito del progetto), si sono inizialmente riscontrate alcune difficoltà; forse anche perché le previsioni normative sono state recepite, all’interno dello stesso framework Horizon 2020, come immediati vincoli per stabilire come gestire gli aspetti di protezione dati in documenti progettuali quali i templates di proposta del Model Grant Agreement (MGA) di Horizon 2020, il Consortium Agreement, e soprattutto per la valutazione dei rischi da realizzare, ove necessario, nel Documento di Progetto.
Fortunatamente, grazie alla crescente consapevolezza acquisita con lo spirito di innovazione (che certo non manca nel settore), ai percorsi formativi specifici e all’obbligo, per molte Organizzazioni, di dotarsi di un Data Protection Officer, man mano gli adempimenti sono diventati sempre meno complicati.
Soprattutto nei progetti di ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico, il tema della complicata gestione del consenso, da considerarsi comunque base giuridica preferenziale, ha trovato, nel caso sia impossibile, estremamente difficile o non opportuno acquisirlo, conforto nelle disposizioni normative nazionali, e nella conferma delle misure di garanzia, che prevedono il ricorso al parere dei comitati etici, all’effettuazione di valutazioni di impatto e, in taluni casi, alla consultazione preventiva dell’Autorità Garante.

Non si vuole in questa sede dettagliare le condizioni di liceità e le ulteriori disposizioni, già analizzate in questo articolo.
Può essere invece utile fornire alcuni spunti di riflessione per evitare confusione in alcuni step operativi.
Eccone alcuni:

Delle tabelle come queste riportate di seguito (a livello molto semplificato) possono essere utili nella stesura del Data Management Plan:

Tipologia di dati personali Assets a supporto Sistemi di comunicazione
Ente partecipante Attività svolta Garanzie affidabilità
Tipologia di operazioni relative al trattamento Selezione Descrizione
Raccolta
Registrazione
Organizzazione e Strutturazione
Conservazione
Consultazione
Uso
Modifica
Estrazione
Elaborazione automatizzata
Elaborazione decisionale interamente automatizzata
Profilazione
Pseudonimizzazione
Anonimizzazione
Comunicazione mediante trasmissione
Diffusione
Raffronto o interconnessione
Limitazione
Cancellazione
Distruzione
Copia protetta / Backup
Ripristino

Inoltre, è bene documentare il flusso dei dati nell’ambito delle diverse fasi del progetto. Ecco un esempio di inizio flowchart:

Sicuramente documentare nel dettaglio tutti questi aspetti può essere considerato un esercizio oneroso, che viene svolto in genere a progetto approvato, ma aiuta a non confondere i ruoli nelle attività di trattamento, a non perdere di vista aspetti organizzativi e tecnologici (che possono incidere sui costi!), e soprattutto consente di fornire evidenze concrete a supporto della Valutazione di impatto sulla protezione dati.
Ultimo suggerimento, è quello di individuare una metodologia e uno strumento specifico per la valutazione del rischio, visto che quest’ultima deve essere inclusa nel Piano di progetto, e una metodologia per la Valutazione di impatto.
E’ opportuno documentare le scelte metodologiche in una Policy specifica, che possibilmente indichi anche gli strumenti da utilizzare, condivisibile con ogni partecipante e utile per la generale accountability dell’attività.
Anche perché nel Data Management Plan, a seconda della tipologia di progetto, il Project Officer della Commissione UE potrebbe richiedere documentazione aggiuntiva.
Esperienze, considerazioni e problematiche aperte
In un recente ciclo di incontri formativi svolti in APRE (Agenzia Promozione Ricerca Europea), nei quali lo scrivente è stato docente insieme a Renato Fa (Senior Innovation Manager di APRE) sul tema della protezione dati (Valutazione dei Rischi e Valutazione di Impatto, Processi e sicurezza dei trattamenti, implicazioni nei progetti di ricerca finanziati) diversi elementi e criticità sono emerse dal confronto molto costruttivo con i discenti (Responsabili di progetto del CNR e di diverse Università Italiane, Ricercatori, alcuni DPO di Ateneo); vale la pena evidenziarli perché molto importanti e devono far riflettere:

Per questo ultimo punto, i meccanismi di certificazione ed i codici di condotta potrebbero davvero aiutare: si pensi ad esempio alla comodità di poter informare gli interessati sul progetto di ricerca in modo semplice: “La struttura ospedaliera condurrà il progetto di ricerca con il dipartimento di ricerca dell’Ateneo XXXX, ed entrambe aderiscono al codice di condotta ….. ; partecipa inoltre al progetto la società YYYY specializzata nel sequenziamento genomico, che effettua servizi certificati ai sensi dell’Art. 42 del GDPR”….
Sicuramente c’è molto da fare. Ma non si può restare indietro.
Se per il programma quadro Horizon 2020 sono stati stanziati circa 30 miliardi di euro, per il programma Horizon Europe si parla di un valore di circa 3 volte tanto.
Perché l’Italia non coglie le opportunità, con le indubbie capacità e competenze dei nostri validissimi elementi?
Si spera che i forti messaggi e le richieste della comunità scientifica e universitaria vengano presto ascoltate, e che il nostro paese possa davvero cavalcare l’onda dell’innovazione e della ricerca.
Conclusioni
Con il programma quadro di finanziamenti Horizon 2020 in chiusura, l’Unione Europea sta predisponendo il framework di utilizzo del nuovo Horizon Europe per il settennio 2021-2027, che vedrà i dati quali grandi protagonisti della scena.
Non soltanto dati personali, ed infatti sono diversi gli strumenti legislativi che interverranno nella regolamentazione.
Primo fra tutti, comunque, il GDPR, particolarmente rilevante per le finalità di ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico, che intende, anche mediante le disposizioni normative di diritto nazionale e le misure di garanzia disposte dalle Autorità, fornire da un lato il pieno supporto alle attività di ricerca, dall’altro mettere al centro la sicurezza dei trattamenti.
A tal proposito, con la recente Preliminary Opinion on data protection and scientific research, il Garante Europeo ha sottolineato che il dibattito sul tema del presunto “intralcio” del GDPR alla ricerca scientifica va risolto con attenta applicazione degli strumenti regolatori e con un efficace dialogo degli Stati membri e delle Autorità di controllo con la comunità scientifica; al tempo stesso, è urgente incentivare il clima di fiducia e le garanzie, visto il connubio ormai sempre più evidente fra privato e pubblico nei progetti di ricerca. A tal fine, lo sviluppo di codici di condotta e di meccanismi di certificazione è ormai di importanza fondamentale.
L’Italia non deve perdere l’occasione di approfittare del nuovo programma quadro di finanziamenti dei progetti di ricerca per i prossimi sette anni, e può anzi ambire ad un ruolo di primo ordine, con le eccellenze che si ritrova (sia nel campo della ricerca scientifica, sia nella protezione dati).
Se però la comunità scientifica, le risorse per Università e ricerca, i collegi delle Autorità Garanti debbono attendere i mal di pancia della politica italiana, ci si espone alle solite circostanze di inadeguatezza che fanno tanto male al nostro paese.
agendadigitale

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