Il risultato storico dell’ateneo lombardo. Al vertice della classifica mondiale si riconferma il Mit di Boston seguito da Imperial College e Stanford
Per la prima volta un’università italiana entra nell’Olimpo delle 100 migliori università al mondo. Lo certifica l’edizione 2026 del QS World University Rankings, stilata da QS Quacquarelli Symonds, analista globale della formazione universitaria. Il Politecnico di Milano ha conquistato il 98° posto a livello globale, il miglior piazzamento mai raggiunto da un’università italiana nella storia della classifica. Questo traguardo è il frutto di miglioramenti significativi in tutti gli indicatori chiave.
L’ateneo migliora di dieci posizioni nella Reputazione dei datori di lavoro (ora 72° nel mondo) e di sei posizioni nella Reputazione accademica (84° posto). Il balzo più rilevante è negli Esiti Occupazionali, dove guadagna 40 posizioni, raggiungendo il 199° posto. Questo indicatore misura la capacità delle università di sostenere l’occupabilità dei laureati e il loro impatto nella società.
Il commento della Rettrice Donatella Sciuto
La professoressa Donatella Sciuto, Rettrice del Politecnico di Milano, ha dichiarato: “Questo risultato rappresenta un traguardo significativo. Finora l’Italia era l’unico Paese del G7 senza un’università nella Top 100. In dieci anni abbiamo scalato 89 posizioni grazie alla dedizione della nostra comunità e a una strategia di sviluppo a lungo termine. La nostra forza risiede nella qualità della ricerca e dell’insegnamento, come dimostrano gli indicatori QS. I nostri laureati sono ben preparati per affrontare le sfide globali”.
Il MIT ancora primo in classifica
Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) è stato nominato migliore università del mondo per il quattordicesimo anno consecutivo, confermando la sua leadership globale. L’Imperial College di Londra si mantiene al secondo posto, mentre l’Università di Stanford torna tra le prime tre, salendo di tre posizioni e conquistando il terzo posto. All’interno della Top 20, le università asiatiche continuano la loro ascesa: L’Università di Pechino sale al 14 posto, la Nanyang Technological University (Singapore) al 12 e l’Università di Hong Kong compie un notevole balzo di sei posizioni, raggiungendo l’11 posto – la sua posizione più alta di sempre – mancando di poco la Top 10 e sottolineando la crescente influenza delle universita’ asiatiche sulla scena globale. Questa edizione presenta oltre 1500 università di 106 sistemi universitari del mondo.
Le università italiane
Tra le altre italiane di punta, Sapienza Università di Roma conquista il 128 posto, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna il 138 e Università di Padova il 233. Nunzio Quacquarelli, fondatore e presidente di QS, ha dichiarato: “Come ha giustamente avvertito Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, l’Italia si trova ad affrontare una doppia crisi: l’invecchiamento della forza lavoro e l’accelerazione della perdita dei suoi giovani più istruiti.
Secondo l’ISTAT, nell’ultimo decennio il Paese ha subito una perdita netta di quasi 100.000 laureati tra i 25 e i 35 anni. Non si tratta solo di un cambiamento demografico, ma di un’emergenza economica e sociale. Le migliori università italiane si stanno guadagnando un posto sulla scena mondiale. Il Politecnico di Milano, ad esempio, è entrato nella QS global top 100 – un risultato storico per l’Italia e un segno di ciò che è possibile fare con una visione strategica a lungo termine. Ma questa eccellenza rimane concentrata. La sfida è ora quella di scalarla a livello di sistema. In un momento in cui i salari reali rimangono al di sotto dei livelli dell’anno 2000, il prestigio accademico globale non è sufficiente. L’Italia deve trasformare le sue università in motori di crescita inclusiva, non solo in avamposti accademici. Ciò significa ricostruire gli incentivi al rientro dei talenti emigrati all’estero, creare alleanze università-industria e tradurre il successo formativo in opportunità di carriera in patria. Il riconoscimento globale è un passo essenziale, ma la vera vittoria è il mantenimento dei talenti a livello nazionale”.