Cos’è davvero l’orientamento universitario?
“Orientamento non significa solo fornire informazioni sulle università. Significa accompagnare le persone a capire chi sono e cosa vogliono davvero fare.” È questo il concetto chiave che guida Tiziana Pascucci, docente di Psicobiologia alla Sapienza e delegata alle Politiche per l’Orientamento.
Un esempio che ama citare è quello di Alice nel Paese delle Meraviglie: “Quando Alice chiede allo Stregatto quale strada prendere, lui le risponde che dipende da dove vuole andare. Ecco, se non sai dove andare, non importa quale strada prendi.”
Per Pascucci, l’orientamento universitario è prima di tutto un percorso di consapevolezza, in cui far emergere passioni, attitudini, personalità e valori. Solo così la scelta diventa coerente con ciò che si è davvero.
Quando iniziare l’orientamento scolastico?
Spesso le scuole si limitano a fare attività di orientamento solo a ridosso della maturità, con open day o test di autovalutazione. Ma non basta.
Alla Sapienza, come in altre università del Lazio, si condivide l’idea che l’orientamento debba iniziare prima. Il Ministero ha avviato il progetto “Orientamento Next Generation” già dal terzo anno delle superiori e, in alcuni casi, anche durante il primo anno.
Per molti esperti sarebbe utile iniziare già alle scuole medie, con attività mirate per fasce d’età e livelli di maturazione diversi. Non esiste un’età unica, ma la necessità di cominciare per tempo è condivisa: l’orientamento precoce aiuta a prevenire scelte sbagliate o forzate.
Chi può fare orientamento? Serve un lavoro di squadra
La prof.ssa Pascucci è chiara: non basta una figura professionale. L’orientamento non è solo per psicologi o pedagogisti. Serve un approccio multidisciplinare e cooperativo, che coinvolga anche docenti, tutor, educatori e formatori.
“Un buon orientatore deve saper ascoltare. Non deve convincere né trasmettere informazioni in modo unidirezionale, ma aiutare lo studente a scoprire da sé i propri obiettivi.”
Secondo Pascucci, le esperienze pratiche — dai laboratori ai PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento) — sono fondamentali per aiutare i giovani a conoscersi attraverso l’azione.
Oggi, rispetto al passato, mancano spazi di confronto come parrocchie, associazioni o attività politiche. Per molti ragazzi, la scuola resta l’unico luogo d’incontro con adulti che possano orientarli davvero. Da qui l’importanza di costruire alleanze scuola-università che vadano oltre i limiti imposti dalla divisione ministeriale.
Le difficoltà al primo anno di università
Il passaggio dalla scuola all’università non è semplice. L’ansia e l’insicurezza sono diffuse. Secondo Pascucci, i dati sul tasso di abbandono tra primo e secondo anno mostrano che l’università, per molti, resta un ostacolo difficile da superare.
Molti ragazzi non sono preparati ad affrontare l’autonomia, l’autogestione del tempo, i ritmi universitari e un approccio allo studio più critico.
“Non ci sono più verifiche quotidiane, ma serve responsabilità e capacità organizzativa.”
In più, i test INVALSI dimostrano gravi lacune in italiano e matematica tra i diplomati. Questo rende ancora più difficile l’adattamento al percorso universitario.
Le competenze trasversali contano (più del voto)
Teamwork, problem solving, gestione dello stress. Le soft skill sono sempre più importanti nel mondo del lavoro. Pascucci sottolinea che non si imparano solo sui banchi, ma attraverso sport, volontariato, esperienze sociali.
“Durante i PCTO, molti studenti scoprono di avere capacità inaspettate. È lì che capiscono chi sono davvero.”
Il World Economic Forum aggiorna ogni anno la lista delle competenze più richieste: tutte sono trasversali e umane, e devono essere allenate con metodi didattici innovativi.
I giovani oggi sono più “passivi”? Non è colpa loro
Pascucci mette in discussione la retorica dei “giovani svogliati”.
“Hanno ereditato una complessità enorme. Crescono tra social, notifiche continue, carenza di spazi fisici di confronto. Serve recuperare il contatto umano.”
La tecnologia ha cambiato tempi e modalità dell’apprendimento, e l’università deve aggiornare i suoi metodi per restare al passo.
Il consiglio per chi affronta l’università
“L’ansia non è un nemico. Lo stress fa parte della nostra specie: aumenta il cortisolo, e aiuta la memoria. Le emozioni non vanno evitate, ma attraversate.”
La maturità è un passaggio importante, ma non è tutto. Per la prof.ssa Pascucci, ciò che conta davvero è che ogni studente possa fare una scelta consapevole, libera e personale.
L’università, come l’orientamento, non è una gabbia ma una possibilità di crescita.
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