In occasione del 130° anniversario delle relazioni internazionali tra l’Italia e la Serbia, in un’ottica di integrazione europea, è stato organizzato, dall’associazione universitaria Eurosapiens, il convegno “La Serbia, l’Italia, l’Europa”. La conferenza, svoltasi il 19 maggio 2010 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Sapienza, è stata occasione per esaminare il processo di avvicinamento tra lo Stato balcanico e l’Unione Europea.
Protagonista della giornata è la Repubblica di Serbia, che con l’Italia “da 130 anni” afferma il preside della facoltà Luigi Rossi “è stata storicamente sempre presente”. Lo stato balcano “ha dato al nostro paese un notevole contributo alla ridefinizione della geopolitica italiana”.
Il prof. Roberto Valle, ordinario della cattedra di Storia dell’Europa Orientale, focalizza i rapporti tra l’Italia e la Serbia attraverso “testimonianze significative di uomini che hanno fatto la storia”.
Nel 2007 l’Unione Europea, concludendo i colloqui sul testo dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione, “primo passo verso l’integrazione europea”, ha ammesso la Serbia al Consiglio d’Europa con la condizione di collaborare, con il Tribunale Penale Internazionale dell’Aya, alle procedure di arresto dei latitanti accusati di crimini di guerra dell’ex Jugoslavia, motivo “giustificante” questo, per il “ritardo all’adesione nell’Unione Europea”.
Le prospettive per entrare in Europa nascono da un desiderio profondo che l’Ambasciatrice Raškovic-Ivić spiega attraverso un esempio: “dal 1804 in ogni piccolo città della Serbia, esisteva un albergo o una trattoria che aveva nome “Europa”, un luogo esclusivo dove si conversava sui cambiamenti e le culture di città come Parigi, Vienna, Berlino, oggi negli stessi posti di incontro, si parla e si vuole l’ Europa”.
“Non c’è buona politica senza capire la storia” afferma il dott. Miroslav Perisic, direttore dell’Archivio di Serbia a Belgrado, concordando col prof. Biagini.
È intervenuto anche l’On. Giorgio La Malfa, coordinatore nazionale per la strategia di Lisbona, raccontando come dopo la caduta del muro di Berlino si è aperto un altro grande “capitolo”: la preoccupazione per le conseguenze del “principio di autodeterminazione dei popoli” che sancisce il diritto ad ottenere l’indipendenza, scegliendo autonomamente il proprio regime politico. “La gente che era stata compressa sembrava esplodere” afferma l’On. La Malfa, ricordando di aver letto un’intervista, del New York Times, fatta ad una donna balcana di novant’anni, che aveva cambiato “sette volte nazionalità, senza mai essersi spostata”.
Maria Lina Veca, presidente della associazione Onlus Rinascere, testimonia la conoscenza del territorio della Serbia dove da dieci anni opera in microprogetti dedicati alla valorizzazione del territorio. “Belgrado è una città totalmente europea” afferma, e sottolinea, come gli stessi personaggi della letteratura russa si intreccino con la storia serba. Nel romanzo Anna Karenina di Tolstoj (1877) per esempio “l’ufficiale Vronsky, uomo veramente esistito, è partito per aiutare la rivolta serba contro i Turchi”. È fondamentale ricordare come la visione dell’attualità europea si sia risvegliata “quasi inconsapevolmente” per cercare la propria identità, perché “non ci può essere una vera Serbia senza Europa”.
Tiziana Petruzzelli