“Quale sarà il superlativo di “bello”?”. Sembra quasi di vederla la nuvoletta dubbiosa sulle teste pensanti dei ragazzi intenti a fare il pre-esame lo scorso anno. Dubbio che non si è dissolto quando si è trattato di scrivere la risposta definitiva con la dura penna: più del 25% dei ragazzi, infatti, ha tremendamente sbagliato. Per non parlare della coniugazione alla prima persona del condizionale del verbo andare, o del plurale della parola “letargo”: un’ecatombe d’errori.
E quest’anno, com’è andata? Paradossalmente, la facoltà più colpita dal virus delle lacune in italiano è stata Lettere: il 60% delle matricole non raggiunge nemmeno la sufficienza. Difficilissimo è stato indicare il significato di “procrastinare”, ad esempio. La punteggiatura, poi, sembra formaggio da spargere a caso sul testo, con virgole che dividono soggetti e verbi, vocaboli dai propri aggettivi. Non solo ortografia e grammatica: anche la cultura generale degli aspiranti universitari è da profondo rosso. Difficilissimo, ad esempio, indicare “il Paese nel quale lottano i Talebani”, o l’orientamento politico del presidente Obama.
“I problemi più gravi li abbiamo incontrati nella comprensione del testo – incalza la preside di Lettere, professoressa Franca Pecchioli – anche perché se i ragazzi non conoscono un’opera letteraria, o si sono dimenticati una regola grammaticale, possiamo anche provare a farli recuperare, ma a leggere un testo a vent’anni non può certo inse¬gnar loro nessuno”.
Considerazione che trova perfettamente d’accordo anche il preside di Economia, professor Giampiero Nigro: nella sua facoltà, uno studente su 4 è ampiamente sotto la sufficienza, e il 26% è ammesso con riserva. Molti esaminatori, poi, dopo aver letto i test si son detti “sconcertati” dalla pochezza del lessico utilizzato: “Sembra di leggere un sms” è stato il caustico commento che più è circolato.
Detto questo, diamo un po’ i numeri. Secondo l’ultimo studio compiuto da Nielsen per l’Osservatorio sui contenuti digitali il 47% dei giovani italiani tra i 14 e i 19 anni afferma tranquillo che potrebbe fare a meno di essere informato su quanto accada nel mondo e il 37% di leggere libri, o quant’altro. Altro numero: tra i 24 e i 35 anni l’Italia ha 15 laureati. Tanto per avere un’idea: la Francia, stessa fascia di età, ne ha 38, il Regno Unito 31.
Un altro ancora: nei primi dodici mesi un quinto delle matricole italiane abbandona gli studi universitari. A questo punto, la colpa di cotanta moria non è probabilmente soltanto del sistema universitario italiano, ma viene da più lontano. Scuola e famiglia le principali indiziate. La vittima? Semplicemente, il nostro futuro.