La beffa dei giovani che lavorano a partita IVA

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Francesco ha 27 anni, è un brillante pubblicitario e ha già firmato alcuni progetti per grosse multinazionali.
Ma lavora a partita Iva ed ha un limite, quello imposto dal cosiddetto regime dei minimi e superminimi, regolamentato da una normativa introdotta dal governo Berlusconi. I neo professionisti, cioè, hanno potuto avviare le loro attività pagando meno tasse – con un vincolo, però: quello di non poter superare i 30mila euro l’anno.

Una premessa necessaria per capire la storia di Francesco: “Sono considerato bravo nel mio lavoro, ho firmato campagne pubblicitarie anche importanti e adoro questo mestiere. Il primo anno non ho superato la soglia perché, avendo aperto la partita a marzo, non ho pagato i primi tre mesi dell’anno”.

Per questo, nel 2011, per rimanere entro la soglia dei 30mila euro, ha deciso di non fatturare niente. “Chiedevo ai clienti di non pagarmi. A Natale, ero sotto di 500 euro sul conto. Poi, a gennaio, ho fatto 20mila euro di fatture e mi sentivo male. Avrei voluto solo stare tranquillo, pagare le tasse e godermi i guadagni”, ha detto.Perché?

Perché, superando la soglia dei 30mila euro di fatturato almeno del 50%, i benefici garantiti dalla normativa svanirebbero. Si passerebbe al regime fiscale ordinario. E’ un problema anche di giornalisti freelance, architetti e psicologi, che devono scegliere se guadagnare meno oppure fatturare più di 30mila euro.

Una giornalista di Roma ha raccontato: “Nel 2012, ho guadagnato 27mila euro perché oltre al mio impiego principale ho anche un contratto di collaborazione con ritenuta d’acconto per un settimanale, un contratto a progetto con una deputata, un contratto di collaborazione con una rivista ebook. E’ un gran casino. Per avere una vita economica dignitosa, tengo il piede in più staffe.

AZ

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