In nove università italiane gli studenti pagano tasse superiori ai limiti consentiti. Più precisamente queste università non rispettano la proporzione, stabilita da una legge del 1997, tra i soldi che ricevono dalle tasse studentesche e quelli che ricevono da finanziamenti statali. Le associazioni studentesche segnalano questa situazione da anni, ma ora lo ha riconosciuto anche il ministero dell’Università e della Ricerca, che ha inviato una lettera alla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) chiedendo di elaborare proposte e suggerimenti per risolvere il problema. La CRUI è un’associazione che raggruppa università statali e private e che si confronta spesso con il ministero, esprimendo pareri sulle sue attività o sui suoi progetti.
Cosa dice la legge
Ogni ateneo decide in autonomia gli importi delle tasse universitarie, ma entro alcuni limiti. La legge dice che le università possono riscuotere dagli studenti un importo non superiore al 20 per cento di quanto ricevono dal fondo di finanziamento ordinario, cioè i soldi che lo Stato dà loro per garantire il funzionamento delle attività istituzionali (viene usato per esempio per pagare il personale, fare manutenzioni o finanziare attività di ricerca). In pratica se un ateneo riceve 100 dallo Stato, ai suoi studenti può chiedere al massimo 20. D’altronde il fondo di finanziamento ordinario risulta in molti casi non adeguato all’aumento degli iscritti. Se una università ha più iscritti, e il fondo dallo Stato non aumenta, mantenendo le tasse invariate sfora i criteri di legge.
Le università in questione sono il Politecnico di Milano (dove le tasse studentesche sono il 34,81 per cento), l’Università dell’Insubria (il 27,87), Ca’ Foscari di Venezia (il 24,65), Milano Bicocca (il 22,64), Padova (il 22,06), IUAV Venezia (il 20,42), Modena e Reggio Emilia (il 20,32), Pavia (il 20,22) e Brescia (il 20,09). Le associazioni di studenti che hanno protestato per questa violazione in qualche caso hanno ottenuto risultati. Nell’aprile del 2024 l’Università di Torino ha dovuto risarcire i suoi studenti per 39 milioni di euro, proprio perché nel 2018 aveva oltrepassato la soglia del 20 per cento. Quell’anno l’Università aveva ricevuto dal fondo statale circa 277 milioni di euro e per questo avrebbe potuto chiedere agli studenti al massimo 55 milioni, ma ne riscosse quasi 95.
Il caso dell’Università di Torino
L’associazione studentesca Unione degli Universitari (UDU) presentò un ricorso contro l’Università di Torino al TAR del Piemonte (l’organo di primo grado della giustizia amministrativa italiana), che nel novembre del 2022 diede ragione all’ateneo. Poi però il Consiglio di Stato (il secondo grado della giustizia amministrativa) ribaltò la sentenza, obbligando l’università a restituire i soldi. È successo anche nel 2023 all’Università di Pavia, che dopo una sentenza del Consiglio di Stato dovette risarcire i suoi studenti per 4,8 milioni di euro riscossi in eccesso nel 2013.
In passato sono emersi alcuni dubbi su come calcolare le tasse degli studenti. Per esempio non era chiaro se nel totale dovessero essere compresi anche i contributi pagati dagli studenti internazionali e da quelli fuori corso. La legge del 1997 su questo non è molto chiara e nel tempo è stata modificata in modo che queste tasse venissero chiaramente escluse dal calcolo. Secondo il Consiglio di Stato, però, le modifiche introdotte non sono valide perché manca il decreto attuativo, cioè la norma che spieghi nel dettaglio come metterle in pratica. Il Consiglio di Stato ha quindi ribadito, anche nella sentenza del 2024 con cui ha condannato l’Università di Torino, che i contributi di studenti internazionali e fuori corso vanno a tutti gli effetti calcolati nel totale delle tasse richieste agli studenti.
Secondo l’UDU questo non viene sempre fatto. Il ministero dell’Università incontra regolarmente i rettori della CRUI e i rappresentanti degli studenti per discutere di un altro argomento sempre relativo all’istruzione, cioè la revisione della legge 240 del 2010, meglio nota come “riforma Gelmini”. Nella lettera inviata alla CRUI, il ministero ha detto che in uno dei prossimi incontri si discuterà anche delle norme che riguardano la contribuzione degli studenti e ha invitato i rettori a presentare proposte per migliorarle. La CRUI ha fatto sapere di avere intenzione di lavorarci già nei prossimi giorni.
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