Gli effetti della pandemia sull’occupazione femminile

Più della metà di coloro che hanno perso il lavoro nel 2020 a causa dell’emergenza sanitaria sono donne. La pandemia ha avuto un impatto devastante con un tasso di occupazione femminile che in Italia è precipitato al 48,6%, secondo i dati ISTAT.
L’emergenza da Covid-19 nel corso dell’anno 2020 ha avuto notevoli effetti sul mercato del lavoro, dove si sono esasperate le criticità e le disuguaglianze già esistenti. Il World Economic Forum ha calcolato che dal 2006 ad oggi, le differenze economiche di genere si sono ridotte solo del 2,5%.

L’ISTAT riporta che dei 622mila posti di lavoro persi nel corso del 2020, il 55% era occupato da donne. Il gender gap inoltre permane anche riguardo alle lavoratrici, che avendo perso il lavoro hanno cercato una nuova occupazione. Solo il 42% ha infatti trovato un nuovo posto tra maggio e settembre dello stesso anno.

Ad aggravare la situazione di disuguaglianza evidenziata dalla pandemia, è anche il divario nelle competenze tecniche, che si è creato negli anni tra uomini e donne.
Nell’era 4.0 sono i profili STEM i più richiesti dalle aziende e sono quelli quelli più frequentemente scelti dal genere maschile. Le donne oggi occupate in ambito ICT (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) sono ancora troppo poche.

La società post-pandemica necessita di politiche innovative capaci di offrire nuove opportunità professionali alle donne. La trasformazione digitale diventa perciò un’occasione per ridurre il gender gap, incentivando l’occupazione femminile.
Per offrire nuove opportunità lavorative alle donne sarà quindi necessario ripensare ad una formazione scolastica e tecnica omogenea rivolta alle ragazze e ai ragazzi, che superi gli stereotipi di genere.

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