A un anno dalla nascita della Fondazione Giulia Cecchettin, Gino Cecchettin è tornato a parlare del lavoro svolto e delle sfide future, ospite di Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa. Nel corso dell’intervista ha sottolineato l’importanza di fare un bilancio accurato, riconoscendo l’impegno dei comitati, dei professionisti e soprattutto dei volontari che hanno contribuito alla crescita della Fondazione.
Cecchettin ha ricordato come tutto sia iniziato con progetti educativi rivolti ai giovani. Tra questi, il potenziamento dell’iniziativa “Prevenire e promuovere”, già attiva nella provincia di Padova e realizzata in collaborazione con Comune, Provincia, Università e Centro Antiviolenza del territorio. Accanto a questo percorso, la Fondazione ha avviato un progetto ambizioso rivolto agli insegnanti della scuola primaria e dell’infanzia, sviluppato insieme all’Università di Firenze. L’iniziativa coinvolgerà Toscana, Veneto e Puglia come regioni pilota e punta a formare mille docenti grazie al lavoro del comitato scientifico. Cecchettin ha precisato che non si tratta di un progetto ministeriale, ma di un investimento autonomo della Fondazione, sostenuto dalle proprie risorse e competenze.
Commentando i novantuno femminicidi registrati dall’inizio dell’anno, Cecchettin ha spiegato che limitarsi al conteggio delle vittime non basta. Secondo lui, negli ultimi mesi è cresciuta una sensibilità diffusa, alimentata dal lavoro dei volontari e dei centri antiviolenza. Tuttavia, serve un passo decisivo. Introdurre l’ora di educazione all’affettività nelle scuole, un intervento che potrebbe incidere sul futuro. Per Cecchettin, iniziare questo percorso già alle scuole medie non rappresenta un problema, soprattutto considerando che bambini e ragazzi ricevono uno smartphone a otto o dieci anni. Ha definito “aberrante” il ricorso diffuso all’IA come consulente psicologico, sottolineando la necessità della guida di un insegnante capace.
Sul ruolo delle famiglie, Cecchettin ha ricordato che l’educazione dovrebbe essere un partenariato con la scuola, ma ha riconosciuto che non sempre questo è possibile. Molti genitori non affrontano l’educazione affettiva o sessuale con i figli, e nelle famiglie in cui è presente la violenza, che rappresentano oltre l’80 per cento dei casi di violenza di genere. Non si può pretendere un sostegno efficace. Per questo motivo, Cecchettin ritiene che i piani educativi debbano essere elaborati dal Ministero seguendo le richieste dei giovani. Nove ragazzi su dieci chiedono infatti percorsi strutturati su questi temi. L’obiettivo, ha ribadito, è trovare un punto comune al di là delle divisioni ideologiche. Quando si parla di educazione dei figli è necessario costruire un terreno condiviso.
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