“Sconfitta netta che impone di aprire una pagina nuova del Partito Democratico”, lo ha detto Matteo Renzi in conferenza stampa al Nazareno, per poi confermare quanto trapelato nella giornata: “Mi dimetto da segretario”. E ancora, dopo aver ringraziato i militanti, ha ricordato l’obiettivo opposizione: “Il Pd e’ nato contro i caminetti, non diventera’ la stampella di forze antisistema. Si parla spesso di forze responsabili. Saremo responsabili e la nostra responsabilita’ sara’ di stare all’opposizione”. Un discorso molto simile a quello del post referendum. “Non c’e’ nessuna fuga – ha detto l’ormai ex segretario -. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo, io faro’ un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta”. Dimissioni si, ma solo a parole, perché l’ex segretario Dem ha preso tempo fino al congresso, scatenando, com’era prevedibile i suoi detrattori interni.
“La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo” dice il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda, franceschiniano. “Le dimissioni di un leader sono una cosa seria: o si danno o non si danno – spiega in modo più chiaro – E quando si decide, si danno senza manovre”. Il tono è quello della dichiarazione di guerra: “In un momento in cui al Pd servirebbe il massimo di quella collegialità che è l’esatto opposto dei cosiddetti caminetti, annunciare le dimissioni e insieme rinviarne l’operatività è impossibile da spiegare. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari“.
Una discorso contro i “caminetti politici” di chi, all’interno del Pd, vorrebbe isolarlo. Rivendicando poi quelli che secondo lui sono i risultati degli ultimi due governi: “Restituiamo le chiavi di casa con una casa in ordine e tenuta bene: il Pil è aumentato, i posti di lavoro sono aumentati di un milione, i consumi sono aumentati – afferma -. Siamo orgogliosi dei risultati e siccome vogliamo bene all’Italia speriamo che chi sembra pronto ad assumere la responsabilità del governo possa fare meglio, faremo una opposizione leale”. E sulla possibilità di un governo con i 5 Stelle, come paventanto nelle scorse ore, è perentorio: “Diciamo tre no: no agli inciuci, no ai caminetti: l’elemento costitutivo del Pd sono le primarie, no agli estremisti’.
Centrodestra al 37,2%, M5s al 32,5%, centrosinistra al 22,8%. E’ la fotografia dell’Italia, scattata sui voti alla Camera, quando i dati sono quasi definitivi (mancano meno di mille sezioni da scrutinare). Nessuna coalizione ha la maggioranza per governare, ma i dati sono chiari. Il Movimento 5 Stelle è ampiamente il primo partito, con risultati al Sud che ricordano quelli della Dc degli anni ’60; la Lega di Salvini al Nord cancella i numeri di quella di Bossi, in generale stacca di oltre 4 punti Forza Italia e porta il centrodestra alle soglie (anche se non oltre) di una maggioranza autosufficiente.
Elezioni 2018, Matteo Renzi si dimette da segretario del Pd: "Mai stampella delle forze antisistema"

Matteo Renzi durante la conferenza stampa al termine delll'incontro sulla legge elettorale con Silvio Berlusconi nella sede del PD a largo del Nazareno, Roma, 18 gennaio 2014. ANSA/MASSIMO PERCOSSI