Prendere due lauree magistrali insieme, in due anni, è un fatto di per sé eccezionale; discuterne la tesi lo stesso giorno rende la cosa ancor più incredibile. Avevamo dato anche noi la notizia a luglio di uno studente del Politecnico di Milano che nello stesso giorno aveva discusso la tesi per i corsi di laurea in Ingegneria meccanica e Ingegneria gestionale, ma non potevamo mancare di approfondire la conoscenza di uno studente così speciale. Incontriamo così Alessandro nella sua Bolzano, l’appuntamento è in pieno centro a Piazza Walter, al caffè Stadt, punto di ritrovo e di riferimento cittadino. Tra una folla di turisti che nel periodo estivo invadono la capitale altoatesina, ci ritagliamo un tavolino in disparte per la nostra chiacchierata.
L’idea di una doppia laurea
La decisione di iscriversi a due magistrali contemporaneamente, racconta Alessandro, nasce al termine della triennale a Bolzano. «Avevo sempre vissuto l’università come una sfida a ottenere i voti migliori, a massimizzare la performance», spiega. «Questa volta volevo cambiare approccio: non più inseguire i numeri, ma acquisire quelle conoscenze che davvero mi sarebbero servite per il futuro, per costruire progetti, start-up, applicazioni pratiche». Un cambio di mentalità che si intreccia con la normativa introdotta negli ultimi anni, che permette agli studenti di seguire più corsi contemporaneamente. Una possibilità che Alessandro ha deciso di sfruttare fino in fondo.
La doppia discussione nello stesso giorno
La coincidenza di discutere entrambe le tesi nello stesso giorno, spiega, non era scontata. «Sul sito del Politecnico erano indicati più giorni disponibili, ma sapevo che a luglio il numero di laureandi è inferiore rispetto ad altri periodi», racconta. «Un po’ per caso e un po’ per calcolo, è andata proprio così». Un evento che non è passato inosservato. «Gli amici che mi hanno accompagnato fin dall’inizio hanno vissuto con me un doppio festeggiamento incredibile», dice sorridendo. «Ma è stato ancora più sorprendente vedere studenti che nemmeno conoscevo unirsi spontaneamente ai canti e ai festeggiamenti. Si è creata un’energia collettiva davvero speciale». E com’era Alessandro da studente? Un po’ secchione? «Al liceo forse sì, ero un secchione», ammette con ironia. «Poi ho smesso di inseguire solo i voti e mi sono concentrato sul lato pratico: cosa potevo davvero fare con quelle conoscenze». È con questa mentalità che ha affrontato i due anni di magistrale, che definisce senza giri di parole «un bagno di sangue». «È un’esperienza che sconsiglio a tutti. Se non siete motivati, non ce la fate. Io ho potuto resistere perché ero guidato da un obiettivo forte: quella scintilla che ti fa studiare fino alle due di notte, che ti fa andare avanti anche se sei distrutto».
Startup, sogni e futuro
Il futuro per Alessandro ha già una direzione precisa: trasformare i progetti sviluppati durante gli anni di studio in realtà imprenditoriali. Tra questi ci sono Stiped, un dispositivo per la mobilità urbana, e Stykart, pensato per il volo ricreativo. Ma il cuore del progetto è VIVAME, una startup che punta a rivoluzionare il concetto stesso di utilizzo dei mezzi. «Non cerchiamo il design o le performance fini a se stesse», spiega. «Vogliamo prodotti spettacolari nell’esperienza, come se fossero usciti da un film di fantascienza».
La filosofia dello spettacolo
Al centro di tutto, dice Alessandro, c’è un’idea precisa: lo spettacolo. «Che sia prendere due lauree in due anni, o progettare uno zaino che diventa una moto, o immaginare un’auto che si trasforma in elicottero… quello che mi muove è sempre la possibilità di creare qualcosa di spettacolare, fuori dall’ordinario». Un atteggiamento che richiama le figure dei grandi imprenditori della Silicon Valley, anche se oggi Alessandro non si riconosce più in quei modelli. «Da piccolo guardavo a Musk, Bezos, Jobs. Oggi il mio riferimento sono io stesso, quando sono riuscito a superare i sette esami al primo appello, quando ho portato avanti due lauree insieme. Quel momento resta il mio metro di paragone». E di fronte al domani, niente sembra intimorirlo. «Dire che non ho paura del futuro forse è esagerato, ma non sento più limiti psicologici o fisici. Dopo quel periodo di esami durissimi, mi è rimasta una carica di autostima enorme. È quello che mi spinge a credere che nulla, se affrontato con motivazione, possa davvero fermarmi».
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