Cuochi, camerieri e personale hi-tech: ecco i 250mila posti di lavoro impossibili da trovare per le aziende

Nell’era del lavoro che non c’è e delle polemiche legate all’immagine di milioni di persone che preferiscono stare sul divano e godersi il reddito di cittadinanza piuttosto che cercare un impiego, ci sono 250mila posti di lavoro che le aziende non riescono a coprire.

A dirlo sono gli ultimi dati pubblicati dall’Istat e che riguardano il secondo trimestre del 2021. Nello specifico, come riporta il quotidiano La Stampa oggi in edicola, il tasso di posti vacanti si attesta all’1,3% nel complesso delle attività economiche, all’1,4% nell’industria e all’1,6% nei servizi.

Il quotidiano torinese riporta come il Randstad Research, il centro di ricerca della multinazionale specializzata in risorse umane, nei mesi scorsi abbia stilato un rapporto sul “matching”, ovvero sul rapporto tra domande e offerte di lavoro, lanciando un allarme sulla ripresa post Covid che “rischia di riproporre il paradosso di un elevato livello di disoccupazione associato alla difficoltà di riempire i posti di lavoro dai quali dipendono la qualità e la sostenibilità della ripresa stessa”.

Per il 58% delle aziende intervistate da Randstad sono le carenze tecnologiche e tecnico-scientifiche a essere rilevanti nella difficoltà di reperimento. Si assiste comunque alla mancanza sia di addetti altamente specializzati che di quelli con poche (o zero) competenze. Nell’indagine di Randstad Reserch, le assunzioni con maggior difficoltà di reperimento vedono queste cinque categorie in cima alla classifica: camerieri, cuochi, conduttori di mezzi pesanti e camion, commessi, tecnici della vendita e della distribuzione.

Se invece, si prendono in considerazione le qualifiche con maggior tasso di difficoltà di reperimento sul totale delle assunzioni pianificate, questi sono i profili: tecnici meccanici, programmatori, saldatori e tagliatori a fiamma, analisti e progettisti di software, specialisti di saldatura elettrica.

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