Il microbiologo e senatore del Partito Democratico Andrea Crisanti ha lanciato un duro attacco al sistema universitario italiano e alla recente riforma del reclutamento voluta dal governo, definendola una misura che finisce per “umiliare il talento” e non risolve le criticità del settore.
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Nel suo intervento, postato anche sui social e diventato virale, Crisanti ha posto l’accento sulla mancanza di trasparenza nei concorsi accademici, sostenendo che in quarant’anni di carriera non abbia mai visto un concorso universitario di cui non si sapesse in anticipo il vincitore.
Secondo il senatore, il problema è strutturale: l’80% dei docenti italiani ha svolto l’intera carriera accademica nella stessa università — dalla laurea fino alla docenza — con dinamiche che, a suo avviso, favoriscono servilismo e carriere bloccate, invece di premiare merito e competenza. Alla luce di questo quadro, Crisanti ha evidenziato anche il ritardo delle università italiane nei principali ranking internazionali, dove nessuna istituzione italiana figura tra le prime 100 al mondo.
La riforma del reclutamento, ha proseguito, non affronta questi nodi fondamentali e rischia invece di conservare le criticità esistenti, con effetti negativi su giovani ricercatori e sulla capacità del sistema di attrarre e trattenere talenti, sia italiani che internazionali.
Crisanti ha inoltre sottolineato come tali dinamiche contribuiscano a un fenomeno di “fuga di cervelli”, con molti studenti e studiosi che scelgono di cercare opportunità all’estero piuttosto che restare nel sistema accademico nazionale.
Le dichiarazioni del professore — docente all’Università di Padova e all’Imperial College di Londra — hanno riacceso il dibattito pubblico sul ruolo delle università italiane e sulla necessità di una riforma più profonda e orientata al merito, in grado di contrastare nepotismo e logiche poco competitive, secondo la sua analisi.
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