Alle aziende italiane piace lo smart working: il 66% ha già deciso che lo terrà in vita anche nel 2022

Più delle metà delle aziende private che lo scorso anno ha attivato lo smart working a causa dell’emergenza sanitaria per la pandemia da Covid-19 continuerà a puntare sul lavoro agile a distanza anche in futuro. Con buona pace del ministro Renato Brunetta che contro il lavoro smart nella pubblica amministrazione ha deciso di portare avanti una vera e propria crociata.

Nel 2020, infatti, nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria il 72% delle imprese ha introdotto o potenziato il lavoro a distanza per tutti o per una parte dei dipendenti e l’86% ha continuato nel 2021, con il 66% ha già dichiarato che proseguirà anche in futuro. A rivelarlo è l’Hr Trends & Salary Survey 2021, la ricerca condotta da Randstad Professionals – divisione specializzata nella ricerca e selezione di middle, senior e top management di Randstad, guidata da Maria Pia Sgualdino, Head of Randstad Professionals – con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli (Asag) dell’Università Cattolica, che tra l’1 marzo e il 7 giugno 2021 ha intervistato 350 direttori risorse umane italiani sulle principali tendenze.


Insieme al lavoro, anche la leadership, a quanto emerge dalla ricerca, si esercita sempre più da remoto e necessita di nuove competenze dei manager. Oltre alla capacità di ascolto e all’empatia, caratteristiche condivise con i manager tradizionali e considerate fondamentali rispettivamente dal 26% e dal 23% dei direttori Hr, ai nuovi “remote leader” sono richieste capacità di comunicare efficacemente (24%) e di coinvolgere i collaboratori (19%), abilità di gestione e pianificazione (17%, +13% rispetto ai leader tradizionali), affidabilità e capacità di costruire legami di fiducia (12%, +7%) e attenzione alla misurazione dei risultati (11%, assente fra i leader tradizionali).

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