Il Quirinale ha disposto che, nelle cerimonie ufficiali e nelle manifestazioni di natura istituzionale in cui viene eseguito l’inno nazionale italiano, non venga pronunciato il celebre “Sì!” che tradizionalmente conclude Il Canto degli Italiani, l’inno nazionale composto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847.
La decisione, oggetto di una direttiva emanata nei giorni scorsi dallo Stato Maggiore della Difesa su mandato di un decreto presidenziale firmato in marzo, si applica alle forze armate e alle forze dell’ordine italiane. Secondo le istruzioni trasmesse ai comandi, durante le esecuzioni cantate dell’inno nazionale sarà omessa l’esclamazione finale “Sì!”, anche quando il brano viene eseguito integralmente.
Secondo fonti presidenziali, si tratta di un adeguamento alla versione originaria del testo di Mameli, come delineata nei documenti storici, scelta in parte legata alle esigenze di esecuzione musicale delle bande militari e all’interpretazione adottata in alcune registrazioni ufficiali.
La modifica riguarda l’ultimo verso dell’inno, che in passato — nella versione popolare e nell’immaginario collettivo — era spesso accompagnato dall’esclamazione “Sì!”. Nel testo primigenio del poeta risorgimentale questa parola non compare, anche se compare in alcune versioni musicali storiche dello spartito.
La decisione è stata recepita nelle ultime settimane dai vertici delle forze armate italiane e ha suscitato reazioni e dibattito in ambienti militari e tra appassionati di storia e tradizione, per il legame simbolico molto forte che l’inno ha nel Paese.
Il Canto degli Italiani è stato adottato come inno nazionale provvisorio nel 1946, subito dopo la nascita della Repubblica, e ufficializzato con legge nel 2017, diventando uno dei principali simboli della Repubblica Italiana.
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