Si è interrotto il confronto tra governo e sindacati sul futuro dell’ex Ilva. Il tavolo convocato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy si è concluso senza un accordo. Il piano industriale presentato dal governo — che prevede una nuova struttura societaria e una gestione mista pubblico-privata — non ha convinto le organizzazioni dei lavoratori.
Secondo quanto riferito dalle sigle sindacali, l’esecutivo avrebbe illustrato un progetto “non condiviso”, che non fornisce garanzie sufficienti sulla tutela occupazionale e sulla continuità produttiva. In particolare, le preoccupazioni riguardano i possibili esuberi e l’estensione della cassa integrazione per centinaia di dipendenti.
Anche la Uilm ha espresso forte delusione per l’esito dell’incontro, denunciando la mancanza di una strategia industriale chiara e sostenibile.
“Non possiamo accettare un piano che non indica tempi, investimenti e garanzie concrete per i lavoratori,” ha commentato il segretario Antonio Talò.
Dal canto suo, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha ribadito che “il governo resta impegnato a garantire la continuità produttiva e la salvaguardia dei livelli occupazionali”, ma ha accusato i sindacati di “una posizione pregiudiziale che rallenta il percorso di rilancio”.
Il futuro dello stabilimento di Taranto
L’ex Ilva di Taranto, oggi gestita da Acciaierie d’Italia, rimane uno dei nodi più complessi della politica industriale italiana. Tra crisi ambientale, tensioni sociali e produzione ridotta ai minimi, lo stabilimento continua a rappresentare una sfida per il governo e per le parti sociali.
La rottura di oggi rischia di aprire una nuova fase di incertezza per i circa 10mila lavoratori del gruppo. Le sigle sindacali hanno annunciato ulteriori iniziative di mobilitazione nei prossimi giorni.
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