Dove mettere gli smartphone degli studenti? Una domanda che molti insegnanti delle scuole superiori si stanno ponendo prepararndosi a vietare l’uso del cellulare durante le attività scolastiche. Il diktat del ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, dello scorso 16 giugno ha anticipato i lavori dei dirigenti scolastici e dei collaboratori più stretti per mettere in pratica “il divieto di utilizzo del telefono cellulare durante lo svolgimento dell’attività didattica e più in generale in orario scolastico”.
La salute e il benessere degli adolescenti
Ma non sarà facile dare forma concreta a una norma che gli studenti vivranno come una punizione. Anche se nella circolare di metà giugno Valditara motiva abbondantemente le ragioni che lo hanno indotto a prendere questa decisione. “Tale intervento”, scrive, “appare ormai improcrastinabile alla luce degli effetti negativi, ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche”.
E i risultati dei test Invalsi sembrano dare proprio ragione all’inquilino di viale Trastevere: aumenta la quota di studenti delle superiori che si diplomano con scarsissime competenze in Italiano e Matematica.
I sistemi per costudori gli smartphone
Per attenersi alla circolare ministeriale, le scuole dovrebbero dotarsi di sistemi che possano custodire i telefoni cellulari durante tutte le attività scolastiche. La soluzione più pratica, ma che non assicura che i telefoni vengano completamente banditi dalla giornata scolastica delle studentesse e degli studenti italiani, è quella di appendere alle pareti delle aule un portaoggetti da parete con tanti scompartimenti quanti sono gli alunni della classe. Al loro ingresso in aula, gli studenti depositano il cellulare nella tasca corrispondente al loro numero di registro. Ma in questo modo, gli alunni potranno sbirciare i loro compagni di vita al cambio dell’ora o alla ricreazione. Il costo non è proibitivo: attorno ai 15 euro a pezzo.
È proprio quello che ha pensato il dirigente scolastico del liceo delle scienze umane Finocchiaro Aprile di Palermo. “Per il momento”, dice Fabio Angelini, “ci atterremo strettamente alle indicazioni ministeriali. Stiamo provvedendo all’acquisto degli appositi contenitori”. Ovviamente la proposta andrà approvata dagli organismi della scuola prima di diventare esecutiva. Una soluzione più sofisticata è quella di un armadietto porta cellulari con tanto di chiave: in questo caso i costi lievitano e possono superare i 70 euro a esemplare. Le scuole possono adottare anche altre soluzioni, ma occorre fare i conti con le disponibilità economiche dell’istituto.
Il collegio dei docenti
Tutte le decisioni sull’argomento verranno prese in occasione del collegio dei docenti del primo settembre e, per la parte economica e organizzativa, dai successivi consigli d’istituto. È in quelle sedi che si stabiliranno le modalità per dare esecuzione alla volontà del ministro. Anche perché non mancano le domande aperte. Nel corso delle gite e dei viaggi d’istruzione, attività didattiche a tutti gli effetti, è consentito l’uso dello smartphone, magari durante il viaggio in pullman? E se qualcuno dovesse rubare uno o più cellulari, custoditi nelle tasche portaoggetti o negli armadietti, chi ne risponde? Ogni istituto si sta attrezzando in merito.
Al liceo classico Cavour di Torino, spiega il dirigente scolastico Vincenzo Salcone interrogate dalle agenzie di stampa, si sta mettendo nero su bianco un documento per dare risposta a tutte queste domande. “Stiamo pensando a un regolamento ad hoc, come da normativa”, spiega Salcone. “Ci saranno poi i passaggi istituzionali per l’approvazione degli organi collegiali”. La nuova regola non sarà indolore né per gli studenti né per i professori. Per questa ragione ci sono dirigenti che vorrebbero raggiungere un accordo con i ragazzi ed evitare eccessive frizioni dall’applicazione della novità. In provincia di Napoli, all’istituto superiore Scotellaro di Massa di Somma, la preside Marina Petrucci auspica una soluzione partecipata. “La soluzione migliore”, sottolinea Petrucci intervistata dal Mattino, “resta quella condivisa, altrimenti si alimentano solo le proteste. È il nostro modus operandi: il confronto è più complesso e faticoso. Ma la voce dei ragazzi va ascoltata, ci sorprendono e ci danno sempre preziosi contributi. Del resto il divieto è per loro”.
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