Ogni anno in Italia circa 100.000 ragazzi interrompono gli studi prima di conseguire il diploma. Secondo gli ultimi dati Invalsi, il tasso di abbandono scolastico in Italia sembra attestarsi nel 2024 al 9,8%.
Le aree più colpite dal fenomeno restano il Sud Italia, dove la media raggiunge il 16%, e le periferie urbane, con una percentuale del 14,5%. A livello di indirizzi scolastici, gli studenti che frequentano istituti professionali e tecnici registrano tassi di abbandono superiori al 18%, confermando una forte criticità soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 18 anni.
Quali sono le cause principali dietro questi numeri?
Dispersione esplicita e implicita: un doppio problema
La dispersione scolastica non si limita all’assenza fisica dalle aule. Spesso, infatti, è “implicita”: gli studenti frequentano, ma non acquisiscono competenze sufficienti, né mostrano un coinvolgimento reale nelle attività scolastiche. Questo fenomeno contribuisce ad aumentare il rischio di abbandono, specialmente nelle scuole secondarie.
Secondo il rapporto OCSE-PISA, in Italia circa il 23% degli studenti quindicenni mostra lacune significative nelle competenze fondamentali di lettura e matematica, segnale di una fragilità che sfocia spesso nell’abbandono.
Il ruolo cruciale della didattica: meno lezioni frontali e più pratica
Molti esperti individuano nella metodologia didattica tradizionale uno dei punti deboli del sistema. Come afferma la professoressa Maria Cinque, docente di Scienze della Formazione alla LUMSA:
«Molti studenti arrivano impreparati alla gestione autonoma dello studio. Bisogna investire precocemente su metodologie didattiche attive, pratiche e laboratoriali, che facilitino l’apprendimento e prevengano situazioni di abbandono.»
Esperienze educative innovative come Outdoor Education, Pedagogia dello sport e Service-Learning dimostrano concretamente l’efficacia di un approccio didattico più dinamico e inclusivo.
La preparazione degli educatori: una possibile soluzione
Per contrastare l’abbandono scolastico è fondamentale la presenza di educatori preparati, in grado di intercettare le problematiche degli studenti. La professoressa Cinque sottolinea:
«Oggi l’educatore deve possedere empatia, competenze progettuali e capacità di lettura dei contesti educativi e sociali complessi. Una formazione mirata in questo senso può davvero fare la differenza nella prevenzione della dispersione.»
Formare professionisti capaci di operare sul territorio può rappresentare una risposta concreta e sostenibile per contenere il fenomeno.
Cosa fare concretamente contro la dispersione scolastica?
Uno spunto su questi temi viene dalla Fondazione Italia Education, che in Italia si occupa da anni di orientamento. Gli esperti della fondazione ritengono che la dispersione si possa combattere tramite:
- Rafforzamento dei servizi di tutoraggio e orientamento nelle scuole secondarie, soprattutto negli istituti tecnici e professionali.
- Maggiore investimento in laboratori e metodologie pratiche, capaci di coinvolgere concretamente gli studenti.
- Formazione di educatori e insegnanti con competenze specifiche nel contrasto all’abbandono e alle difficoltà di apprendimento.
- Progettazione di interventi mirati nelle zone più critiche: periferie urbane e regioni del Sud Italia.
Contrastare l’abbandono scolastico significa intervenire tempestivamente per offrire agli studenti opportunità educative concrete e vicine alle loro esigenze reali.
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