Cosa significa studiare arti visive oggi? Come si forma un artista contemporaneo? Lo abbiamo chiesto a Caterina Iaquinta, la Course Leader del Triennio e del Biennio Specialistico dell’Area Visual Arts di NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, nel campus di Roma. Tra laboratori, riflessione critica e nuove sfide come l’intelligenza artificiale, emerge una formazione che non punta solo alla tecnica, ma allo sviluppo di un’identità artistica consapevole.
Ci spiega cosa significa studiare in tale ambito e quali sono le diverse aree di studio?
Studiare arti visive significa connettere pratica e riflessione critica, in un dialogo costante tra fare, pensare, osservare e interpretare. Il nostro lavoro come Faculty, e nel mio caso di Course Leader del Triennio e del Biennio Specialistico dell’Area Visual Arts di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti nel campus di Roma, è quello di guidare gli studenti in un’esperienza formativa che non si limita alla sola acquisizione di tecniche, ma si apre a una comprensione dei linguaggi visivi, della loro evoluzione storica e del loro impatto nella società contemporanea. Gli studenti si confrontano con pittura, scultura, disegno, fotografia, video, performance, pratiche urbane e discipline teoriche come estetica, antropologia e storia dell’arte, elaborando un linguaggio personale.
Quali sono le principali materie?
Il Triennio in Pittura e Arti Visive punta sulla sperimentazione libera dei media e sull’equilibrio tra idea, forma e processo. La pittura rappresenta uno degli ambiti principali della formazione artistica, non solo come tecnica storica, ma come linguaggio ancora oggi capace di rinnovarsi e di parlare con forza del presente. Non da ultimo aggiungerei il video e la scultura con l’estensione sulla performance, in cui il corpo, il tempo, lo spazio e la relazione con l’altro diventano elementi fondamentali del lavoro artistico.
L’attività laboratoriale è importante?
La definirei centrale perché è proprio questa modalità che attraversa i corsi principali in NABA, con la metodologia didattica del learning by doing, in modo che teoria e pratica trovino sempre un punto d’incontro». I laboratori diventano luoghi dove sperimentare, sviluppare pensiero critico e confrontarsi con gli altri.
Quali sono le principali difficoltà al primo anno?
Il passaggio dall’idea “scolastica” dell’arte a una pratica strutturata e consapevole può essere impegnativo. Anche il confronto con la critica spesso può essere complicato… richiede disponibilità all’ascolto e una certa maturità nel separare la valutazione critica dall’identificazione personale con la propria opera». Accettare il giudizio, organizzare tempi e metodi di lavoro sono sfide cruciali.
Che impatto ha avuto l’intelligenza artificiale sul settore?
L’intelligenza artificiale ha avuto — e sta avendo — un impatto profondo, stratificato e anche contraddittorio nel campo delle arti visive… L’IA non è solo un tema da affrontare o una tecnica da imparare, ma va considerato un campo di tensioni, un nuovo ambiente epistemologico e sensibile dentro cui le arti visive sono chiamate a reinventarsi.
Quali sbocchi lavorativi offre questo percorso?
Oggi il lavoro dell’artista non è più legato a una pratica solitaria o alla sola esposizione in galleria. Gli studenti possono intraprendere carriere come artisti visivi, performer, videomaker, ma anche in curatela, produzione culturale, musei, festival, editoria, illustrazione, art direction o mediazione culturale.
Un consiglio per affrontare al meglio il corso?
Vivere il corso come uno spazio di ricerca, più che come una sequenza di esami… Ascoltate il tempo del vostro lavoro, non forzate i processi.
Coltivate la pazienza, l’attenzione, e soprattutto il desiderio: quello che vi ha spinto a iniziare questo cammino.
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