Domande di cultura generale, quiz a risposta multipla, ricorsi. Il numero chiuso in Italia da tempo è sotto una lente d’ingrandimento: le associazioni studentesche, da una parte, rivendicano il diritto allo studio per tutti. Le associazioni di categoria, i medici, ad esempio, continuano a elogiare il sistema d’accesso a numero programmato, che evita il formarsi di “bolle” per gli studenti (eccesso di specializzati in quel determinato settore). Il ministro Stefania Giannini, dal canto suo, ha spesso parlato di una riforma del sistema d’accesso all’università, dichiarandosi favorevole ad un modello “francese”, un meccanismo per cui tutti possono accedere al corso con una scrematura solo alla fine del primo anno.
Il numero chiuso viene giustificato dalla duplice esigenza di avere corsi di laurea di maggiore qualità perché meno numerosi, e dall’esigenza di contenere il numero di nuovi professionisti immessi ogni anno nel mercato del lavoro, per garantire a tutti possibilità occupazionali e un reddito adeguato.
La legge 2 agosto 1999 n. 264 afferma che i corsi di studio universitari siano soggetti ad accesso a numero programmato, distinguendo in corsi a livello nazionale e quelli a livello locale, cioè a discrezione delle singole università.
Quelli programmati a livello nazionale sono:
- medicina e chirurgia
- medicina veterinaria
- odontoiatria e protesi dentaria
- architettura (a ciclo unico)
- Accademia di Belle Arti (Progettazione artistica per l’impresa)
- corsi concernenti la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione (cosiddetta professioni sanitarie)
- corsi di laurea in scienze della formazione primaria e alle scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario
- corsi di formazione specialistica dei medici ex decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257;
- corsi di specializzazione presso le scuole di specializzazione per le professioni legali (SSPL)
- corsi universitari di nuova istituzione o attivazione, su proposta delle università e nell’ambito della programmazione del sistema universitario, per un numero di anni corrispondente alla durata legale del corso.
E voi da che parte state? Partecipate al sondaggio del Corriere dell’Università