Ricercatrice italiana precaria vince un premio di 200mila dollari

cecilia-martini

Primi al mondo, ultimi in Italia. E’ il duro sistema della ricerca nel Belpaese: si sa, i ricercatori italiani sono tra i migliori al mondo, peccato che a non accorgersene sembrano proprio essere le istituzioni nostrane.

Ultimo successo in ordine di tempo è quello di Cecilia Martini Bonadeo, ricercatrice italiana di 39 anni che si è aggiudicata 200mila dollari. Il suo lavoro di traduzione dall’arabo antico del testo “L’armonia” su Platone e Aristotele scritto dal filosofo medievale al-Farab le è valso il riconoscimento internazionale dalla fondazione culturale di Riyadh King Abdullah bin Abdulaziz.

Il bando, promosso dagli Emirati Arabi, risale al 2006. “Non è stato facile capire tutte le norme – confessa Cecilia ai microfoni del Corriere della sera – così come non è stato facile riuscire a spedire il mio lavoro da un ufficio postale del vicentino fino in Arabia”.

La delusione, comunque, è viva. “E’ un riconoscimento che mi riempie il cuore di gioia. Sono laureata in filosofia, ma in Italia non ho mai trovato spazio. Se non avessi tre figli, un matrimonio felice e una famiglia cui tengo tantissimo sarei già all’estero, magari in Germania, dove ho lavorato benissimo alle mie ricerche per anni”.

Dal loro canto sono chiari gli obiettivi degli arabi, che mirano a far conoscere il valore e l’impatto delle lingua araba e della cultura dell’Islam, senza dimenticare il dialogo con l’Occidente sui percorsi di pace.

Una storia a lieto fine, che non nasconde retrogusti amari. Fa male vedere riconosciuti i meriti degli italiani solo all’estero. Fa male vedere tanti giovani costretti al precariato da un sistema vecchio e antiquato. Fa male capire che l’Italia è all’ultimo posto per numero di dottorandi. Come a dire: siete bravi, e un giorno – magari – qualcuno se ne accorgerà. Non noi.

Raffaele Nappi

Exit mobile version