Lo studente scrive, Draghi risponde: la storia del confronto sul Reddito di cittadinanza tra il premier e il neo laureato

Secondo Marco Liati, 27 anni, studente all’Università dell’Insubria, la polemica interna al Governo sul reddito di cittadinanza non ha senso di essere perché la norma, così com’è, spoglia da un contrappeso di politiche attive che non hanno funzionato, è priva di reale utilità, e anzi, danneggia le famiglie rispetto i single. Così qualche settimana fa decide di inviare un’email alla Presidenza del Consiglio, con la sua tesi triennale di 70 pagine che cerca di affrontare l’argomento.

Qualche giorno fa l’impensabile. La pec, invece di essere scomparire tra le varie email inviate ogni giorno al Governo, viene aperta, il file scaricato e il ragazzo riceve una risposta direttamente da Mario Draghi. “Come lei evidenzia nella tesi il Reddito di cittadinanza è il più recente in una lunga serie di interventi volti a sostenere le fasce più vulnerabili della popolazione in Italia. E’ ispirato a valori costituzionali, come l’eguaglianza e la solidarietà politica, economica e sociale.Tuttavia si tratta di uno strumento che, come lei sottolinea, ha alcuni limiti, soprattutto per quanto riguarda le politiche attive del lavoro”.

Reddito di Cittadinanza criticato dal giovane

Il premier ringrazia il giovane per “aver condiviso le sue osservazioni” e gli fa i “migliori auguri per i Suoi studi”. A rendere pubblica la lettera con in calce la firma del Presidente del Consiglio è Marco che frequenta l’Università degli studi dell’Insubria. In calce al documento, protocollato dalla presidenza del Consiglio, compare la firma di Draghi, rilanciandola su Twitter e commentando: “Son soddisfazioni”.

La tesi dello studente è divisa in due parti, la seconda è un’analisi critica al reddito di cittadinanza, una misura “poco equa, che non aiuta a proteggere i più poveri ma acuisce alcune disuguaglianze”. E ancora: “Uno strumento generoso per i single, molto meno per le famiglie numerose. Non tiene poi conto delle differenze del costo della vita tra le varie regioni, privilegiando chi abita al Sud e ha pochi figli”. E cosa più grave: “Scarica il peso dei progetti di inclusione sociale e lavorativa sui centri per l’impiego, inadatti per come sono strutturati, a garantive una reale offerta lavortiva, escludendo, poi, i comuni dai progetti stessi che invece hanno una maggiore conoscenza sulla realtà territoriale”.

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