Pupi Avati dottore in Italianistica: “Mai temere di essere ambiziosi, le cose diventano possibili”

Laurea honoris causa a Pupi Avati. L’Università degli Studi Roma Tre ha conferito la laurea in Italianistica al grande regista emiliano. Un riconoscimento non genericamente rivolto alla sua opera di autore cinematografico (fra i titoli della sua lunga carriera di cineasta basti ricordare “La casa dalle finestre che ridono”, “Una gita scolastica”, “Regalo di Natale”, “Magnificat”, “Gli amici del bar Margherita” ma specificamente “allo studio e alla promozione dell’opera e della figura di Dante”. All’approfondimento della vicenda umana e intellettuale dell’Alighieri Avati ha dedicato un lavoro di ricerca pluridecennale, che è poi confluito nel film “Dante” del 2022.

“Devo ammettere che è una grandissima emozione arrivare con sessant’anni di ritardo a un riconoscimento di questo genere. Ho ritrovato esattamente quello che era il mio stato d’animo – ha confessato il maestro Avati – quando incominciai il rapporto con l’Università a vent’anni, attendendo di diventare dottore in scienze politiche, per una carriera diplomatica. Non è accaduto niente di quello che immaginavo accadesse ed accade oggi, con un ritardo di così tanti anni, che impreziosisce questa opportunità che mi viene data”. E poi un consiglio agli studenti: “La vita ti riserva delle opportunità alle quali bisogna credere, non bisogna avere paura di essere ambiziosi, senza eccedere, però dentro di te devi sapere sempre di essere migliore, devi pensare che prima o poi si accorgeranno di te e la vita cambierà. Le cose diventano possibili, magari non tutte. Sono caduto da cavallo e sono molti di più i film andati male che ho fatto nella mia vita di quelli che sono andati bene”.

Avati: “Noi giovani un po’ ingenui ma che ci aspettavamo molto dalla vita”

“Ho insegnato per molti anni nelle scuole di recitazione e sui set frequento molti giovani, quindi ho una comparazione con i giovani di oggi rispetto a quei giovani ingenui, un po’ coglioni, che siamo stati noi, e vedo che c’è una differenza pazzesca perché quelli di oggi trovano una rassicurazione nell’omologazione, nell’essere più uguali possibile e già questo fa sì che tu un’avventura in solitario difficilmente la farai, eppure chi va da solo va più lontano. E’ vero. Noi, della nostra generazione, eravamo molto ingenui e quindi capaci di aspettarci della vita molto. E in certi casi la vita ci ha dato molto, perché abbiamo osato pensare che potesse essere, sognare, delle cose grandi.”

“Quando ho deciso di fare il cinema non avrei mai immaginato che ne avrei fatti 54 e non mi sono fermato ancora, perché la creatività è come un nervo che più lo stimoli e più produce. Sicuramente me ne andrò con un sacco di storie che non sono riuscito a raccontare. Mi piacerebbe raccontare il personaggio di Giovanni Pascoli, la poetica pascoliana mi è assolutamente molto vicina. Un altro personaggio che andrebbe raccontato, per le sue contraddizioni, per dei suoi aspetti inquietanti, è Manzoni, e poi la saga dei Rizzoli, una bellissima storia, molto italiana, dove c’entra la politica, il potere, l’amore, il sesso”.

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