La proposta: ecco 4 regole per cambiare il test d’ingresso a Medicina

test d'ingresso

Il voto di maturità vale più di un test, giusto rivedere le selezioni per medicina. È il caso di Elena e Diana, due gemelle che hanno superato la maturità al Luiceo Torquato Tasso di Roma con il massimo dei voti, vorrebbero iscriversi alla Facoltà di Medicina ma non passano il test d’ingresso. Possibile? Possibile. Ecco le quattro proposte del professor Giuseppe Remuzzi per il test a medicina, pubblicate questa mattina sul Corriere della Sera. Il test, insomma, va cambiato. Ecco come.

 

  1. Tener conto del curriculum di studi e in specie del voto di maturità. Elena e Diana, ad esempio, hanno avuto 100 e 100 e lode alla maturità e sempre voti altissimi negli ultimi 3 anni. A Medicina, quindi, potevano entrare. Che non sia successo è una sconfitta per noi più che per noi – scrive Remuzzi.  Uno studio dell’Università La Sapienza di Roma dimostra che il voto dell’esame di maturità, ottenuto non importa dove, correla con i voti dei primi due anni dell’università, quello dei quiz no. Insomma, chi fa bene il liceo è bravo anche a Medicina.
  2. Il test d’ingresso ci vuole ma deve essere concepito per misurare le qualità che dovrebbero avere un medico e che gli altri possono anche non avere: saper mettere in rapporto fra loro fenomeni diversi e trovarci un filo conduttore per esempio, o saper prendere una decisione difficile in pochi minuti.
  3. Si dovrebbe anche poter parlare a questi ragazzi: basta un quarto d’ora e non è detto che lo debbano fare i professori dell’università, ci sono tante altre soluzioni.
  4. Le maglie dell’ammissione vanno allargate, ma solo un po’, è quello che ha proposto il ministro. Che non vuol dire ammettere 57 mila ragazzi come sembra abbia capito qualcuno: se ne potrebbero ammettere 15-18 mila che saranno poi 10 mila alla fine del primo anno, quando ci sarà stato il tempo di conoscerli. Certo, si dovrà stabilire cosa far fare agli altri ma non è poi tanto difficile, dopo un anno di formazione.

Per realizzare tutto questo non basta un decreto legge – conclude il Prof. Remuzzi. Bisogna crederci e serve un grande impegno dei professori del liceo e di quelli dell’università; ma ne vale la pena, ne va della salute nostra e dei nostri figli.

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