Medicina, le novità per il 2025 dopo l’approvazione della legge sull’accesso

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Il decreto legislativo che riforma l’accesso alla facoltà universitaria di Medicina ha superato anche il vaglio della commissione Istruzione alla Camera, dopo quella del Senato, ed è ora approdato a Palazzo Chigi per il varo definitivo. Ecco cosa sapere sulle novità che ci saranno a partire dall’anno accademico 2025/2026. La novità certamente più rilevante riguarda il cosiddetto “semestre filtro”: difatti la selezione è posticipata all’inizio del secondo semestre, sulla base del voto d’esame nelle materie seguite nel corso del primo semestre e di una graduatoria nazionale formulata sulla base dei crediti ottenuti.

Il semestre si potrà ripetere tre volte a Medicina

Secondo quanto prevede il testo, il semestre potrà essere ripetuto tre volte, ma la rinuncia andrà indicata prima che si formi la graduatoria. Al momento dell’iscrizione al primo semestre, gli studenti dovranno indicare almeno cinque sedi in cui desiderano immatricolarsi a gennaio, nel caso in cui rientrino in graduatoria. Inoltre, sarà obbligatorio e gratuito iscriversi a un secondo corso di laurea nell’area di Scienze della salute. Coloro che non supereranno la selezione, potranno quindi immatricolarsi a questo secondo corso di laurea mantenendo comunque i crediti del primo semestre.

Tra le materie oggetto d’esame, oltre alle scienze fisiche, chimiche e biologiche, i senatori hanno proposto di aggiungere anche le scienze biochimiche. Tra i corsi inclusi, e quindi soggetti a questa riforma ci sono anche quelli in lingua inglese gestiti dalle università statali. La riforma del governo non tocca ovviamente le università private, che continueranno a prevedere il loro tradizionale test di ingresso per le facoltà di Medicina e Odontoiatria.

Le osservazioni della Commissione Istruzione in Senato

“In commissione Istruzione al Senato abbiamo aggiunto un altro tassello importante per quanto riguarda le modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria. L’auspicio è che sia il Governo a specificare che le prove d’esame relative agli insegnamenti di cui si compone il semestre filtro debbano essere somministrate in forma scritta e simultaneamente su tutto il territorio nazionale secondo modalità definite con il decreto ministeriale. Una questione di equità e buonsenso: in questo modo, infatti, vogliamo assicurare parità di trattamento a tutti gli studenti ed evitare che ci siano atenei nei quali gli universitari risultino guarda caso tutti estremamente bravi ed entrino in graduatoria, a scapito di altri che studiano in atenei che scelgono di restare più rigorosi. Esprimo soddisfazione perché le osservazioni approvate valorizzano il proficuo lavoro che la commissione a Palazzo Madama ha svolto durante l’esame del testo, poi diventato legge, e l’importante sforzo che sta compiendo il MUR per rendere la riforma applicabile già dall’anno accademico 2025/2026“, ha dichiaratoil senatore della Lega Roberto Marti, presidente della commissione Istruzione a Palazzo Madama

Nessun obbligo di frequenza in presenza per ovviare ai problemi di spazio

La riforma ha suscitato diversi dubbi da parte delle associazioni di studenti. Innanzitutto, a oggi rimane ancora l’incognita di come verrà stilata la graduatoria nazionale: il governo ha infatti deciso di rinviare la questione a uno specifico decreto. Uno dei tanti problemi relativo all’abolizione del numero chiuso a medicina e di questo nuovo modello di ammissione ai corsi universitari potrebbe essere la forte disillusione degli studenti, che potrebbero vedersi costretti a cambiare facoltà al termine del primo semestre.

Da non dimenticare, poi, il problema degli spazi: le professioni oggetto della riforma (quelle dell’area di medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria) attirano molti studenti ed è prevedibile che a “provare” il primo semestre saranno in tanti: c’è chi stima anche 70mila aspiranti camici bianchi ogni anno. Ma dove andranno a fare lezione e studiare? Le università non sono attrezzate per reggere questo tipo di impatto. Per questo il primo semestre non prevederà frequenza obbligatoria.

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