L'Aquila ripartirà dall'Università

La crepa che scende giù lungo la facciata del suo rettorato Ferdinando Di Orio se la porta dentro. Non è solo il rammarico per la perdita di Palazzo Carli, storica sede dell’ateneo aquilano; non solo lo strazio per la morte di tanti studenti; né la desolazione per la sua abitazione distrutta. La ferita che lo graffia più nel profondo è la consapevolezza che L’Aquila rischia tutto. Compresa la sua identità, quella di città universitaria, con 70mila abitanti e ben 28mila studenti iscritti alle nove facoltà.
Proprio perché questo è l’ultimo spettro da tenere lontano, il rettore si è messo l’elmetto e ha preso a spostare mobili, trasportare computer e tentare di rimettere in piedi il suo ateneo. Ha iniziato a farlo 48 ore dopo la prima terribile scossa, quella tra la notte di domenica 5 aprile e lunedì 6, quella che ha cambiato inevitabilmente il destino del capoluogo aquilano e di tutta la sua gente.
Lo cerchiamo da subito, non appena si delineano i contorni di una catastrofe che non ha risparmiato l’università. Anzi, prestissimo il crollo della Casa dello studente in via XX Settembre diventa il simbolo della sciagura. Ma al telefonino il rettore non è raggiungibile, probabilmente per trovarlo basta andare da quelle parti.
Tra i pochi edifici agibili, c’è quello della facoltà di Scienze, a due passi dall’ospedale San Salvatore, evacuato immediatamente. Nell’atrio due file di scrivanie, una confusione di cavi e tanti docenti alle prese con computer da mettere in Rete. Sono quasi le tre di pomeriggio di mercoledì 8 aprile e Ferdinando Di Orio, seduto ad un angolo, casco blu in testa, mangia tonno da una scatoletta. Il rettore come uno scout qualunque. E anche se interrompiamo gli unici cinque minuti di pausa non se la prende.
“Siamo ancora nella fase dell’emergenza – spiega – ma non abbiamo nessuna idea di rinunciare a questa grande istituzione che è l’Università dell’Aquila, non dobbiamo farlo per i nostri studenti e per il nostro territorio. L’università è troppo importante per la città quindi noi non cederemo. Siamo stati feriti, come lo è stata la città, ma abbiamo tutta l’intenzione di proseguire la nostra attività. Vogliamo risolvere i nostri problemi nella nostra città, non altrove, non molleremo mai”.
Anche qui qualche muro porta i segni di quella terribile notte, ma Di Orio assicura che non c’è da aver paura. “Ho perso Palazzo Carli, stupendo palazzo del Cinquecento, questa struttura invece è in cemento armato e da qui possiamo ripartire”. L’intenzione infatti è di mettere su un rettorato provvisorio per iniziare almeno la ricostruzione delle carriere accademiche. Anche queste, infatti, sono rimaste sotto le macerie di via Accursio e solo recuperando il backup si scongiurerà il pericolo della perdita di tutti i dati relativi ad iscrizioni, esami e lauree. “Appena torneremo in possesso di tutte le informazioni necessarie, provvederemo a riattivare gli esami di laurea e di profitto. Posso rassicurare tutti gli studenti: non perderanno l’anno accademico, non perderanno tempo, è il nostro impegno”.

Maria Grazia Abbate 

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