L'Andu boccia i "nuovi" concorsi

Giornali, internet, televisione: da più parti si sente ripetere che con l’approvazione in via definitiva del decreto 180 – che l’8 gennaio ha incassato la fiducia della Camera diventando legge dello Stato a tutti gli effetti – finalmente verrà dato più spazio al merito negli atenei e i concorsi universitari saranno più trasparenti. Una prospettiva molto ottimistica che però non convince l’Andu (Associazione Nazionale Docenti Universitari) in prima linea nel combattere le baronie e i nepotismi all’interno delle facoltà.
Insomma il giudizio dei sindacati e delle associazioni dei docenti universitari resta negativo, come conferma la presa di posizione di Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell’Andu: “Le novità introdotte dal decreto sono fortemente attenuate da due fattori che mantengono in vita il localismo: si tratta del potere dato ad ogni facoltà accademica di rigettare le indicazioni date dalle commissioni d’esame sui singoli aspiranti; l’altro aspetto è quello dell’inspiegabile mantenimento del membro interno alla facoltà dove si svolge il concorso”.
Riforma a metà. “Il testo introdotto – continua Miraglia – si riferisce solo all’ultima tranche dei concorsi già banditi, quindi di un sistema che esiste da trent’anni. Ma non riguarda i concorsi futuri: questi concorsi così formulati rappresentano un ulteriore segnale di inamovibilità”.
Più precariato. Il nuovo sistema dei concorsi per accedere alla carriera di docente e ricercatore rischierebbe infine di allungare le fila dei lavoratori universitari precari: “Il decreto prevede che la metà dei soldi recuperati dai pensionamenti potranno essere destinati al turnover: ma di questi fondi – sostiene sempre Miraglia – il 60% potrà essere indifferentemente speso per assumere ricercatori a tempo determinato o indeterminato”.
Meritevoli ma penalizzati.Essendo queste le premesse la conclusione è logico pensare che i rettori punteranno sui contratti a termine per perseguire due obiettivi: da un lato aumentare il loro potere, dall’altro accedere ai fondi nazionali perché non sforeranno il tetto del 90% del budget destinato alle assunzioni definitive. Che fine faranno i giovani meritevoli? Secondo Miraglia la triste realtà è una sola: “Per loro aumenterà ulteriormente, anzi a dismisura, la possibilità di rimanere precari”.

Manuel Massimo

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