L’aula “Ginestra” dell’Istituto di Fisica della Sapienza è gremita.Importante l’affluenza di ricercatori a tempo indeterminato alla ricerca di un proprio status giuridico e della possibilità concreta per la ricerca (e dunque i ricercatori) del futuro. Categoria che esprime tutte le contraddittorietà del sistema alterato dell’università “all’italiana” e che si approfondiranno con l’attuazione della riforma, sottolinea Alessandro Ferretti, ricercatore del Dipartimento di Fisica Sperimentale dell’Università di Torino, tra i coordinatori dell’incontro.
Uno dei principi basilari che anima l’aula è la necessità categorica che ogni progetto di riforma debba essere condiviso dall’intera comunità accademica. “La rete 29 aprile- ci ricorda il dott. Pezzella della Federico II (ateneo che ha rappresentato uno dei motori propulsivi per il movimento“contro-riforma”)- nasce come movimento spontaneo dei ricercatori per la salvaguardia non solo del destino degli stessi, ma della stessa università pubblica”.
La mortificazione del ruolo di ricercatore, docente “all’ombra” che non è riconosciuto ufficialmente nel suo ruolo a tutto tondo di docente, svaluta l’intero sistema accademico. Guido Mula, ricercatore di fisica dell’Università di Cagliari , nel suo incisivo excursus sul documento che la Rete29 aprile ha redatto in merito a una riforma “altra”, rileva la proposta dell’introduzione del Ruolo unico di docenza con separazione di ingresso e progressione di carriera. Il diritto allo studio si esplica attraverso un sistema di formazione superiore che mantenga alto il livello di didattica e di ricerca, binomio indissolubile per una corretto sviluppo del sapere.
“Mi sono laureato nel 1963 e già si parlava di riforma universitaria” ricorda il prof. Claudio Procesi del Dipartimento di Matematica della Sapienza in un vivido e personale intervento sugli elementi contrastanti che caratterizzano le università italiane: dal carico didattico dei docenti ad una condizione dalle venature farsesche per cui un ricercatore vince un concorso, ma non può essere assunto per mancanza di fondi dell’ateneo.Procesi riconosce come riforma progettuale, quella di Ruberti nel 1980 in cui si istituzionalizzò la figura del ricercatore pur confinandola in una sorta di limbo professionale. Procesi ricorda le quasi 2000 firme di professori ordinari e associati di Universitas Futura, gruppo di accademici che discutono sulle possibili trasformazioni dell’Università.
Rappresentanti dell’Università di Bologna confermano la volontà dei ricercatori di non assumere incarichi didattici per l’anno accademico incipiente, salvo modifiche sostanziale alla strutturazione dei ricercatori “per decreto”.
Lezioni in piazza il 4-5-6 ottobre, richiesta di rinvio dell’anno accademico, assemblee e occupazioni degli atenei:alcune delle modalità di protesta promosse dall’assemblea. Dalla seconda settimana di ottobre gli studenti universitari aderenti al movimento Link istituiranno un presidio in piazza Montecitorio, davanti alla Camera dei Deputati.
Per maggiori informazioni: rete29aprile.it
Amanda Coccetti