“Le preoccupazioni del presidente Napolitano sono anche le preoccupazioni del governo. La Ricerca e l’Università sono alla base dello sviluppo di un Paese, ma è altrettanto vero, però, che in questa fase di difficoltà economica internazionale è necessario investire il denaro pubblico con grande attenzione e oculatezza”.
Quindi, secondo la Gelmini: “Bisogna tutelare al massimo le tante realtà di eccellenza presenti in Italia. Tuttavia è nostro dovere amministrativo e morale eliminare gli sprechi e le spese non necessarie accumulate negli anni a causa di gestioni universitarie poco efficaci”.
Il ministro intravvede anche “ampi margini per migliorare le modalità di spesa degli atenei e per destinare fondi alla ricerca e alle università più virtuose” perseguendo al contempo l’obiettivo di “mettere un freno al moltiplicarsi di corsi e sedi distaccate”. In sostanza “il problema principale non è quanto si spende ma come vengono spese le risorse pubbliche”.
A pochi minuti dal primo comunicato del ministro, il Miur ha anche diramato agli organi di informazione una circostanziata nota esplicativa del fenomeno in cui vengono riassunti tutti i dati “dell’università che non va”:
– in percentuale in Italia si laureano meno studenti che in Cile;
– esistono più di 320 sedi distaccate, sono attivi 37 corsi di laurea con 1 solo studente e 327 facoltà con 15 iscritti;
– nel 2001 i corsi di laurea erano 2.444, oggi sono più che raddoppiati arrivando a 5.500;
– le materie insegnate nelle università italiane sono circa 170.000, contro una media europea di 90.000;
– nessun ateneo italiano è entrato nella graduatoria delle migliori 150 università del mondo stilata dal Times;
– si sono moltiplicate cattedre e posti per professori senza tener conto delle reali esigenze degli studenti, aumentando la spesa in maniera incontrollata;
– molte università italiane hanno i conti in rosso: l’Università di Siena, ad esempio, spende per il personale il 104% del suo finanziamento e la Federico II di Napoli il 101% con decine di milioni di euro di passivo.
Manuel Massimo