La fine della legislatura congela il nuovo contratto dei docenti: trattativa rinviata a data da destinarsi

Rischia di slittare a data da destinarsi la trattativa sul rinnovo del contratto nazionale 2019-21 del maxi-comparto scuola e ricerca, (1,2 milioni di addetti, tra cui 850mila docenti). Mercoledì scorso, qualche ora prima del voto di fiducia al Senato che ha di fatto decretato la fine del governo Draghi, si è svolto l’ultimo incontro all’Aran che però si era concluso con la decisione di rinviare tutto a settembre in attesa di eventuali novità sulle risorse a disposizione. Adesso, visto lo scioglimento delle Camere e l’indizione per il prossimo 25 settembre delle prossime elezioni, sarà il nuovo Governo a doversene occupare.

D’altronde il nodo centrale, manco a dirlo, riguarda le risorse a disposizione. Secondo gli ultimi calcoli del Ministero dell’Istruzione gli aumenti per il corpo docenti dovrebbero aggirarsi attorno ai 90 euro lordi, in pratica 50-55 euro netti in più al mese in busta paga, per un settore che, con 30mila e passa euro lordi di retribuzione media annua occupa i bassifondi stipendiali del pubblico impiego. E a poco servirebbero, secondo i sindacati, le altre poste della manovra 2022 a cui attingere per le finalità collaterali: dai 36,9 milioni destinati alla revisione degli ordinamenti professionali del personale Ata ai 270 milioni finalizzati alla valorizzazione dei docenti previsti, dagli 89,4 milioni vincolati al trattamento accessorio dei docenti ai 14,8 milioni sempre per il trattamento accessorio, ma stavolta degli Ata.

Da qui la richiesta delle sigle sindacali di “reperire ulteriori fondi per consentire un rinnovo del contratto in linea con le aspettative dei lavoratori” come ha chiesto ad esempio la Cisl Scuola.

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