Il COVID è davvero uguale in tutto il mondo? L’Università degli Studi di Perugia guida una collaborazione internazionale che raccoglie dati da 22 diversi Paesi, pubblicato uno studio sull’ International Journal of Epidemiology
La pandemia da COVID-19 ha colpito in modo assai importante tutti i Paesi del mondo. Tuttavia, continuano a giungere segnalazioni di un diverso impatto dell’infezione dal virus in varie nazioni, in termini di rischio di ammalarsi gravemente e di morte. Verificare in modo preciso queste differenze e cercare di comprenderne le cause è di estrema importanza per poter fronteggiare al meglio la pandemia.
Per questo scopo è stato costituito C-MOR, una collaborazione internazionale che raccoglie dati da 22 diversi Paesi con la finalità di analizzare e spiegare le differenze di impatto della pandemia da SARS CoV 2 nel mondo.
L’Università degli Studi di Perugia è Centro di riferimento italiano del progetto, coordinato dal Prof. Giuseppe Ambrosio con l’attiva partecipazione dei Professori Fabrizio Stracci e Giampaolo Reboldi, dell’Ateneo perugino.
Il primo studio frutto della collaborazione è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista International Journal of Epidemiology (rivista ufficiale dell’International Epidemiological Association) e ha documentato con precisione come la pandemia abbia un impatto complesso e diversificato sulla mortalità per COVID-19, ma anche in termini di impatto indiretto sulla mortalità complessiva (anche per cause diverse dal COVID-19).
A livello globale, la capacità di arrestare precocemente la diffusione dell’epidemia mediante l’adozione tempestiva di misure di restrizione (tipo lockdown) è stato un fattore chiave nel ridurre l’eccesso di mortalità rispetto agli anni precedenti la pandemia durante il picco pandemico. Tuttavia, durante il medesimo periodo, si è evidenziata una differenza assai marcata nella mortalità complessiva nei vari paesi, con alcuni (come Italia, Spagna, Gran Bretagna) colpiti in modo purtroppo molto evidente, mentre altri (Austria, Israele, Irlanda, paesi Scandinavi), hanno riportato tassi di mortalità non molto distanti da quanto atteso in confronto agli anni precedenti. Tutto questo non era spiegato da differenze nella diffusione del virus, né dalle misure di restrizione e neppure dalla campagna di vaccinazione che all’epoca non era ancora iniziata.
“Questi risultati hanno grande interesse, perché indicano che vi siano fattori potenzialmente assai rilevanti che possono indirizzare in senso negativo o viceversa favorevole l’evoluzione della pandemia – spiega il Prof. Ambrosio -. Queste disparità non sembrano essere collegate a differenze di epidemiologia o a caratteristiche infettivologiche, ma sono verosimilmente legati a differenze di organizzazione sanitaria nei vari paesi. Comprendere questi fattori e mettere in pratica le opportune misure per adeguarsi potrebbe rappresentare un passo assai importante per mitigare le conseguenze della pandemia. Su questi aspetti le ricerche del progetto C-MOR stanno proseguendo, con interessanti risultati preliminari”.
Achilleos, S., et alii (2021).Excess all-cause mortality and COVID-19-related mortality: a temporal analysis in 22 countries, from January until August 2020. International Journal of Epidemiology, 2021, 1–19. doi: 10.1093/ije/dyab123
Disponibile all’indirizzo: https://doi.org/10.1093/ije/dyab123